(Autoproduzione) Per il proprio esordio i Ground-Force, che vengono nientemeno che dal Bangladesh, hanno fatto decisamente le cose in grande: “Tree of Life”, organizzato attorno a un concept fantascientifico/distopico (che ho letto nella sua interezza qui), viene offerto in tre differenti versioni (una cantata in inglese, una in bangla e una strumentale). Facciamo naturalmente riferimento alla prima, non prima di aver segnalato che il Bangla suona molto musicale… Una sirena apre la serrata “Tree of Life”, brano di gran respiro power/prog: il paragone con i Symphony X è obbligato, ma i Ground-Force sono meno esplosivi e più solenni. La band piazza poi subito una ballad malinconica e intimista, “Song of Earth”; in realtà il disco viaggerà spesso su tempi lenti, si veda ad esempio “Forever Gone”, che arriva quasi ai Pink Floyd, ma rubacchia la melodia a “Desert Plains” dei Judas Priest. I tocchi tribali di “The Watchers” permettono anche al bassista B. Ahmed Rahi di mettersi in bella evidenza; “The Great Flood” arriva a toni quasi ambient, rinuncia del tutto alle percussioni e si affida a tastiere, synth e armonie vocali dalla forte intelaiatura, per un risultato avvolgente. Il brano più classicamente power e dal tiro più dinamico è sicuramente la conclusiva “The Archangel”. Uno sforzo artistico (nel senso più nobile della parola) che a mio giudizio va veramente premiato: ascoltate il disco di questi ragazzi e sosteneteli se volete, se lo meritano veramente!

(René Urkus) Voto: 8/10