cophate2(Napalm Records) Il precedente “Solarflesh: A Gospel of Radiant Divinity” aveva indotto l’autore di queste parole a riflettere che dopo 20 anni di carriera, ripetersi o rinnovarsi è difficile. Essere se stessi dovrebbe essere comunque la norma e gli Hate anche questa volta riescono in questa doverosa pratica. Death metal polacco che vive di strutture moderne, senza classicismi o veri e propri cliché e, soprattutto, quella tenue oscurità che si espande nei pezzi e che già in “Solarflesh” aveva fatto la sua comparsa. Con “Death Liberator” si sente subito il modo di suonare libero, la struttura compositiva ha uno schema disinvolto come i diversi cambi di passo e di melodie dimostrano. Si nota in questo album come il tasso melodico balzi in alto con motivi maestosi e con richiami al blackened attraverso un narrazione forse superiore al precedente lavoro. Il riffing è malato e morboso, il tappeto ritmico è impressionante: Pavulon (Antigama, Vader, Christ Agony) è una sorta di ragno che tesse tele d’acciaio, assemblate con esplosiva frenesia. L’ascolto è una devozione: misurarsi con “Crusade: Zero” vuol dire impegnare i sensi e seguire i continui cambi che riempiono i pezzi. Tradotto, non è un ascolto semplice nonostante la buona fruibilità dei pezzi causata dalle melodie. Un controsenso di stile, un passo avanti nella scelta di avere un lato ‘easy’, immediato, ma allo stesso tempo dimostrare di volere suonare con un peso specifico notevole. “Hate Is the Law” diverrà un classico per la sua entrata maestosa, per il riffing doppiato dalla batteria in modo abominevole, per come le diverse parti si fondano al meglio e con naturalezza. “Valley of Darkness” anziché basarsi su mid tempo (ormai tempistica prediletta dagli Hate), riesce ad andare anche un po’ sotto, ad essere si scandita e possente oltre che marziale, ma meno veloce di tutte le altre canzoni, mentre al di sopra di tutto veleggiano chitarre ritmiche che sembrano raffiche di vento e un assolo perfetto. La narrazione sonora di “Crusade: Zero” racconta di una band che si è tenuta nella propria identità, ma spostando la propria abilità in avanti.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10