(Cherry Red Records) Giunti al trentaquattresimo album, cosa resta oggi degli Hawkwind? Di certo Dave Brock, l’unico membro dei fondatori rimasto, mentre sono andati via da purtroppo da lungo tempo tanti altri. Alcuni di essi sono partiti per l’ultimo viaggio, come Huw Lloyd-Langton, Ian “Lemmy” Kilmister (cioè quel Lemmy dei Motörhead), Robert Calvert. Eppure ogni volta che gli Hawkwind pubblicano un album, c’è da fare i conti con musica che si rivela leggera e sorprendente, che si leva fino alle più alte sfere celesti e oltre. La rock band che arriva dal futuro ha annunciato “Somnia” a maggio del 2021, come una allusione al sonno riferita alla mitologia romana e alla divinità Somnus, cioè il dio del sonno e padre dei sogni. I testi trattano di paranoie, di insonnia ovviamente, anche sonnambulismo, meditazione. quanto strani di incontri. La copertina piuttosto insolita rispetto agli standard proposti dagli inglesi. Con il chitarrista, cantante, tastierista e autore nonché capitano di bordo dell’astronave Hawkwind Dave Brock, Magnus Martin, bassista d’estrazione nonché cantante e chitarre, poi Richard Chadwik, l’ultimo di una grande stirpe di batteristi e percussionisti che hanno fatto parte della band. I tre hanno registrato un album – nel quale partecipano anche due coriste, Mel Rogers e Trixie Smith – che somamriamente va a toccare tutti gli aspetti musicali che caratterizzano la band da decenni. Lo space rock, la psichedelia, quanto l’improvvisazione jazz, l’ambient, non da meno la ricerca del suono, sono puntualmente rappresentati in “Somnia”. Apre “Unsomnia”, oltre dieci minuti tra un’andatura ipnotica e svisate psichedeliche ed elettroniche di altri mondi. “Strange Encounters” ha il sapore delle cavalcate epiche proposte dalla band a più riprese, caratterizzate da quei venti stellari modellati ai synth che tratteggiano la fisionomia del brano quanto le chitarre libere ed espressive. “Alcyone” è uno dei pezzi più belli e finalmente un ritorno al formato canzone che possa suonare come un qualcosa di immortale o semplicemente da ricordare nella lista biblica dei tanti pezzi epocali della band. “It’s Only Dream” si contraddistingue per la tipica tonalità vocale di Dave Brock quanto per chitarre che lavorano tra riff e fraseggi. Il testo poi potrebbe apparire come una chiave di lettura di tutto il parco testuale, questa volta piuttosto stringato da parte di Brock e soci. “Meditation” è una perla strumentale nella quale folk, musica etnica, percussioni, chitarre e sintetizzatori ribollono come un’antica melodia indiana o indoeuropea. “I Can’t Get You Off My Mind” palesa un’andatura un po’ folk e un po’ blues, spesso usata negli ultimi album, il tutto nascosto da distorsioni e sintetizzatori. I successivi quattro pezzi strumentali e scenari space rock quanto psichedelici, formano uno stream of consciuoness di questo sonno disturbato quanto un marchio del tipico e riconosciuto sound della band che viaggia tra le dimensioni, lo spazio e il tempo. Il tempo… la materia con la qualegli Hawkwind forgiano la propria musica, rendendola qualcosa come qualcosa che si propaga per l’eternità.

(Alberto Vitale) Voto: 9/10