(BadMoodMan / Solitude Productions) Devo procurarmi al più presto l’intera discografia degli Helevorn. Conoscevo la band spagnola di nome, ma non ho mai avuto modo di ascoltarla approfonditamente, nonostante la formazione proveniente da Palma de Maiorca sia in circolazione da ormai vent’anni. Posso dire di essermi perso finora una delle più interessanti ed emozionanti realtà in ambito doom. Le influenze dei nostri provengono in parte da formazioni albioniche come Paradise Lost e My Dying Bride, attingendo da essi la malinconia dei primi e la teatralità che caratterizza i secondi. Ma sarebbe un errore considerare gli Helevorn come dei semplici epigoni di queste grandi formazioni. Nel loro sound confluiscono infatti svariate influenze, che vanno dai Depeche Mode a sonorità arabeggianti e mediterranee, retaggio della cultura della loro terra di provenienza. Incredibile la versatilità e l’espressività Josep Brunet, sicuramente l’arma in più della band spagnola, capace di passare dal growl tagliente a tonalità baritonali tra Pete Steele e Fernando Ribeiro, fino alla cupa malinconia della voce di Dave Gahan. Non da meno è il lavoro degli altri componenti, in grado di disegnare passaggi coinvolgenti alternando potenza, malinconia, epicità ed atmosfere suggestive. Un album capace di ammaliare l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota, suscitando emozioni vivide. Tra i migliori lavori ascoltati nel genere da molti anni a questa parte.

(Matteo Piotto) Voto: 9/10