(Nuclear Blast Records) Era il 1985, quando gli Helloween pubblicarono il loro EP auto intitolato, lavoro che sancì l’esordio delle zucche Amburghesi. Da quel rozzo debutto, orientato verso sonorità speed metal, il sound della band si è via via evoluto, prima con “Walls Of Jericho”, dove la componente melodica cominciava ad insinuarsi tra le composizioni furiose e velocissime, poi con i due “Keeper Of The Seven Keys”, da molti fans ritenuti come gli apici compositivi del gruppo, che videro l’entrata in line up di Micheal Kiske, singer dall’ugola praticamente illimitata che spinse la band verso sonorità ulteriormente melodiche, pur mantenendo una solida base heavy metal. Dopo l’abbandono del fondatore Kay Hansen, sostituito da Roland Grapow, gli Helloween vivono il periodo più buio della loro carriera, sfornando l’interlocutorio e, secondo me, sottovalutato “Pink Bubbles Go Ape” e il particolarissimo e sperimentale “Chameleon”, album contenente pezzi pregevoli ma stilisticamente molto diversi dalle sonorità proposte in precedenza. L’album fu un insuccesso commerciale, e Micheal Kiske, stanco di suonare power metal melodico, abbandonò la band, preceduto dal drummer Ingo Switchemberg, allontanato per problemi di droga e suicidatosi dopo non molto tempo. La rinascita del gruppo coincide con l’entrata in formazione di Andi Deris (ex Pink Cream 69), singer tecnicamente meno dotato di Kiske, ma in possesso di una voce personale ed un carisma non indifferente, ma soprattutto ottimo songwriter. Questa terza fase della band ha riportato gli Helloween verso le sonorità power che li hanno resi famosi e amati dai fans, grazie a lavori come “Master Of The Rings”, “The Time Of The Oath” (il mio preferito di tutta la discografia) e il degno successore “Better Than Raw”. Nonostante un sound consolidato e riconoscibilissimo, la band ha sempre variato la propria proposta, talvolta incupendola (“The Dark Ride”), altre volte integrando atmosfere epiche (“Keeper Of The Seven Keys – The Legacy”), o moderne (“7 Sinners”). Trent’anni di carriera celebrati con questo “My God Given Right”, album che riporta parzialmente gli Helloween alle loro origini, sfornando brani dal feeling ottantiano, ma con la coscienza di essere nel 2015. Possiamo definire questo lavoro come una sorta di greatest hits composto da inediti, in quanto contiene tutte le sonorità che hanno caratterizzato le zucche dal 1985 ad oggi. L’opener “Heroes” parte con un riff di scuola Judas Priest, sorretto dal drumming poderoso di Dani Loeble che scaturisce in un ritornello semplice e dannatamente accattivante. “Battle’s Won” ci riporta idealmente tra “Helloween” e il primo “Keeper”, grazie a ritmiche speed metal alla “How Many Tears”, parti cantate che mi riportano alla mente “Murderer” e un ritornello alla “Eagle Fly Free”. La title track è più semplice ed immediata, dall’incedere piuttosto simile a quello di “Power”. “Lost In America” ha tutti i numeri per diventare un classico, grazie ad un riffing alla “Future World” ed un ritornello che ricorda fin troppo “Who’s Mr. Madman”, ma più diretto ed efficace. “Russian Roulé” è cadenzata, un mid tempo potente in cui fa capolino la melodia del brano “Katiuscia”. “The Swing Of A Fallen World” ripesca le atmosfere cupe ed oscure presenti in “The Dark Ride”; il brano stona un po’ con le atmosfere “happy” dell’album, ma risulta essere un ottimo pezzo, potente e melodico. “Like Everybody Else” è una ballad in tipico stile Helloween, con chitarre acustiche e un incedere in crescendo fino al chorus melodico e ricco di pathos. “Creatures In Heaven” ha un refrain dal sapore epico alla “Midnight Sun”, glorioso ed accattivante. Più vicina al pop metal di “Falling Higher”, “If God Loves Rock’n’Roll” è breve ed immediata, e si presta molto ad essere proposta dal vivo grazie a ritornelli vincenti, che da sempre costituiscono il punto di forza della band Teutonica. “Living On The Edge” è forse il pezzo più debole del disco: il brano in sé è piacevole e scoppiettante, ma risulta essere un po’ troppo semplice e sa di già sentito. La velocità aumenta nuovamente con “Claws”, song meno efficace delle precedenti, pur conservandosi su livelli più che sufficienti. La conclusiva “You, Still Of War” è un brano molto particolare, che richiede più ascolti per essere apprezzata fino in fondo. Il brano è variegato, con parti acustiche, ritmiche vicine al prog e il ritornello che ricorda quello del brano “Halloween”. Trent’anni di grande musica, uno stile che permette di riconoscere gli Helloween tra mille altri gruppi che tentano di imitarli. Diffidate delle imitazioni!

(Matteo Piotto) Voto: 9,5/10