(Karisma Records) Da qualche angolo mistico della mitica Bergen, in Norvegia, arriva il secondo album degli Himmellegeme (la recensione del precedente è qui), con il loro dark rock psichedelico, progressivo, eccitante ed infinitamente provocante. Prog rock personale, evoluto, tanto tradizionale quando marcatamente moderno, a tratti pesante, spesso etereo e sognante, con melodie avvolgenti e linee vocali malinconiche, spesso lontane, capaci di lasciarsi andare in un viaggio verso qualche angolo di un cosmo descritto poi magistralmente dalla musica. Prog & space rock sulla crescente “Shaping Mirrors Like Smoke”, ricercatezze soft su “Heart Listening”, favolosa ed irresistibile“Blowing Raspberries”, un ritmo trascinante, arrangiamenti pungenti… oltre ad un video semplicemente favoloso. Intima “Brother”, canzone lenta con interessanti tendenze orientali, mentre “Let the Mother Burn” risulta penetrante, una specie di lamento profondo e ricco di sofferenza, per un brano capace di esplodere in maniera tuonante e di percorrere labirinti atmosferici pregni di sublime musicalità. Rock più graffiante, moderno anche se aeriforme, su “Caligula”, un pezzo che stimola reminescenze jazz/blues. Istigante e spaziale l’ipnotica e magica “Agafia”, prima della conclusiva title track, una canzone tetra, introspettiva, ricercata, tanto legata ai sentimenti quanto alla vastità del cielo stellato. Divertenti ma dannatamente oscuri. Capaci di un groove indomabile, riescono a vagare allegramente in ogni angolo della galassia grazie ad una impostazione space prog eccitante e ricca di vibrazioni. Con tematiche riflessive, legate all’impatto dell’uomo sul pianeta nella sua globalità, ovvero la capacità umana di seminare morte e devastazione, gli Himmellegeme regalano un album suggestivo, incantevole, infinitamente stimolante, capace di far eccitare ogni fan di nomi quali Sigur Rós o, perfino, i Pink Floyd.

(Luca Zakk) Voto: 8/10