copholygrail(Nuclear Blast/Audioglobe) Quando gli Holy Grail sono esplosi con “Crisis in Utopia”, ero naturalmente fra gli scettici e i defenders pronti a lamentarsi sempre (beh, anche noi della vecchia guardia sappiamo essere ironici…): l’ardita miscela di vecchio e nuovo heavy metal della band californiana arrivava a infastidirmi, pur se non potevo negare che questi giovanotti avessero fatto centro con il loro songwriting spumeggiante. Per “Ride the Void” manifesto le stesse perplessità: la miscela sonora è esplosiva, ma sembra troppo nuova per i vecchi e troppo vecchia per i nuovi… anche se, evidentemente, la Nuclear Blast che li ha messi sotto contratto deve pensarla diversamente da me. “Bestia Triumphans” è una opener arrembante: le trame chitarristiche sono molto complesse e ubriacanti, i toni sono relativamente cupi e ‘moderni’ – come dicevo – per il normale ascoltatore di heavy metal. Sotto questo profilo, “Dark Passenger” ha una struttura molto più classica, a cavalcata; la titletrack vive del consueto contrasto, caratteristico in questo melodic metal e con ogni evidenza ispirato dal death svedese, fra ritornelli melodici e strofe piuttosto aspre. L’influenza di certo metal americano (non voglio definirlo nu metal) è abbastanza evidente nella serrata “Crosswinds”; “Sleep of Virtue” sembra partire con strutture diverse da quelle del resto dei brani ma poi si sviluppa abbastanza canonicamente, pur evidenziando ancora il grande lavoro chitarristico di Eli Santana e Alex Lee. Una maggiore rudezza (e qualche growling) in “The great Artifice”, forse il pezzo migliore della scaletta nella sua immediatezza. Con la power ballad d’ordinanza “Rains of Sorrow” si chiude un disco che, oggettivamente, convince fino a un certo punto, e che lontano dalla fanfara mediatica merita, secondo me in modo abbastanza oggettivo, il voto che vedete qui sotto. Bella la copertina di Dylan Cole, illustratore attivo soprattutto in ambito cinematografico.

(Renato de Filippis) Voto: 6,5/10