
(Massacre Records) Ottava release per i tedeschi Human Fortress, autori di un album destinato a dividere i fan. L’abbandono dello storico tastierista Dirk Liehm ha costretto la formazione di Hannover a comporre per la prima volta in carriera senza l’importante presenza delle keys, qui suonate da Axel Herbst ma con un ruolo estremamente marginale rispetto al passato. Ne risulta di conseguenza un album decisamente guitar oriented, sicuramente il più aggressivo dell’intera discografia, ma che perde inevitabilmente parte dell’epicità e della teatralità che le orchestrazioni erano in grado di apportare. Affiorano così in maniera evidente le influenze classic metal anni ottanta, con qualche spunto power e con alcune linee vocali che rimandano ai Primal Fear e, di riflesso, ai Judas Priest. E a proposito di linee vocali, la prova del singer Gus Monsanto è praticamente perfetta, valorizzando molto brani comunque di ottima fattura come la title track, la conclusiva “The Darkest Hour” e “Pain”, e salvando dal baratro la scialba semi power ballad “Death Calls My Name”, che raggiunge la sufficienza risicata grazie appunto all’espressività del talentuoso singer. Un album inusuale per una band come Human Fortress, che si salva di mestiere grazie a un buon gusto compositivo, mostrando un lato inedito della band.
(Matteo Piotto) Voto: 7/10
 



