(Nadir Music) Amo le trilogie. E adoro quando si concludono, perché finalmente pongono fine a quella provocante attesa che nel loro incedere instaurano nella mente. Prima venne “Der Golem”, agli inizi degli anni 2000; poi un decennio dopo fu il momento di de “Il Volto Verde” (recensione qui). Nel frattempo uscirono altre pubblicazioni, come il maestoso “L’Incanto dello Zero” (recensione qui) del 2018, ma ora, dopo un ulteriore decennio dal secondo capitolo, esce il terzo episodio, ovvero questo intenso “Il Domenicano Bianco”. Ai meno attenti la cosa può sfuggire, ma i titolo di questi tre dischi sono titoli di opere di Gustav Meyrink, scrittore e ricercatore esoterico vissuto tra la fine del 1800 e l’inizio del secolo successivo, il secolo che testimoniò la sua prolifica produzione letteraria, cominciata proprio con “Del Golem” del 1915 e continuato con “Il Volto Verde“ del 1917. Si tratta infatti di concept legati ai libri del Meyrink, ed è impressionante la ricerca letteraria che il mastermind e bassista Diego Banchero porta avanti, per passione personale e per alimentare le narrazioni che poi vengono messe in musica! Ed è da notare che non si tratta di un lavoro spiccio, visto che è stato coinvolto anche lo scrittore Cristian Raimondi con il ruolo di direttore delle ricerche esoteriche. I testi in italiano accompagnano, narrano, fanno sognare e portano dentro una dimensione sovrannaturale dell’esistenza, nella quale i confini tra sogno e realtà vengono azzerati, dissolti, collocando l’esperienza tra il mistico e il surreale, tra il sacro ed il profano, verso una lotta contro la “Testa della Medusa”, simbolo della pseudospiritualità, per riaffermare una concezione eroica e spirituale dell’esistenza terrena e ultraterrena. Musicalmente “Il Domenicano Bianco” è puro erotismo sonoro; brani come il lungo strumentale “Il Dissolvimento del Corpo con la Spada” stimolano la mente con vibrazioni che mettono in comunicazione in maniera surreale il prog occulto con lo space rock tipico di mostri sacri quali gli Hawkwind. La opener “Il Libro Color Cinabro” è tra il liturgico ed il trionfante, mentre la prima performance dell’ottimo Riccardo Morello la troviamo con la misteriosa e variegata “La Bianca Strada”. “Il Domenicano Bianco “ e ”Ofelia” in sequenza sono musicalmente prog di livello pazzesco… con testi di una resa poetica strabiliante. Bello il richiamo al primo album della trilogia grazie al remake di “Missa Nigra” (qui chiamata “Missa Nigra 2023”), prima dell’epilogo, prima di “Solitudine”, un incantevole assolo di basso in tapping che accompagna dolcemente verso la fine, verso il silenzio… verso un vero senso di solitudine spirituale. Un album farcito da linee di basso calde e superlative spinte dal drumming progressivo di Fernando Cherchi, da organi e tastiere di Beppi Menozzi sempre ai massimi livelli, mentre le chitarre di Davide Bruzzi e Roberto Lucanato fanno semplicemente sognare: resta ancora poco chiaro come Il Segno del Comando sia quasi vista come una band appartenente al mondo meno nobile del metal… forse per le tematiche occulte trattate, forse per quella potente componente rock; mi sorge solo una domanda: quando inizieremo a renderci conto che la band di Diego Banchero è senza dubbio da mettere a fianco dei grandi del prog italiano, nello stesso olimpo dove mostriamo al mondo con orgoglio nomi quali Banco del Mutuo Soccorso, Premiata Forneria Marconi, New Trolls o i leggendari Magia Nera?

(Luca Zakk) Voto: 10/10