(Lion-Audioglobe) Il debut “Kingdom of Utopia” non era affatto male, ma questo secondo capitolo della discografia dei danesi Infinity Overture non è assolutamente all’altezza: saranno stai i cambi di line-up? L’intera formazione del disco precedente è stata infatti cambiata dal leader Niels Vejlyt, che in questa metal opera un po’ incerta ospita anche Amanda Sommerville. “The Hunger”, molto compassata, è un po’ una falsa partenza: in apertura serviva un pezzo meno involuto, e a nulla serve la partecipazione di Fabio Lione. Fin troppo eterea e inconsistente, inoltre, la ballad “Angels”, mentre un po’ più coinvolgente ma sempre assai scontato è l’altro “lento” “Back from the Past”; gli accenni estremi di “Evernight” e “Smoke and Mirrors” lasciano davvero il tempo che trovano. Complicate e progressive sono invece “The Stand” e la titletrack, ma la netta impressione è che questo disco sia un frullato di prog, power e gothic costruito a tavolino senza troppa fortuna: tant’è che quando la scaletta è chiusa dalla terza ballad su nove brani, “Darkness of Mind”, tra l’altro straziata da un controcanto growl (!), si avverte nettamente che l’album manca di ogni equilibrio. Poche luci e molte, molte ombre.
(Renato de Filippis) Voto: 5,5/10