(Autoproduzione) Album strano questo degli Milanesi Ira. Ad un primo ascolto lo volevo quasi buttare dalla finestra. Da un punto di vista puramente critico suonano troppo dannatamente simili ai Death. Ma, alla fine della riproduzione, anziché espellere il disco ho sentito il bisogno di premere nuovamente il tasto play. Una volta. Due volte. Tre volte. Molte altre volte. Sono le sensazioni che contano, non le divagazioni strettamente giornalistiche. Certo: c’è moltissimo dei Death in questo debut album. Ci sono pezzi di canzoni che sembrano essere usciti da “Symbolic”. Ma i Death non ci sono più. Chuck non c’è più. E se ci fosse, la band ora sarebbe Control Denied, o qualsiasi altra cosa il genio americano avrebbe creato, concepito. Ci sono stati decine di imitatori, ma gli imitatori sono semplicemente tali. Gli Ira vanno oltre. Sposano lo stile di quel death tecnico e melodico, hanno un vocalist potente ed aggressivo, e vantano una tecnica decisamente sopra la media, capace di creare esperienze musicali sublimi. La critica in questi casi merita solo di finire nel cesso, in quanto qui si parla di emozioni allo stato puro: era da quindici anni che non sentivo roba del genere, riff così ben strutturati, strumenti musicali amalgamati e ricchi di linee grintose e molto tecniche, condite da assoli fantastici. Gli Ira riprendono il percorso abbandonato dai Death, lo arricchiscono con originalità ed idee fresche, confezionando un album di tutto rispetto che riesce a catturare, invitare all’ascolto, alla ricerca dei dettagli (i quali sono moltissimi, tutti da godere). Stupendi pezzi come “Emotionless” o la tetralogia “Occult Doctrine”, un’opera nell’opera composta da quattro parti sublimemente legate fra loro. Un death metal progressivo di assoluta qualità, decisamente irresistibile. Una band che ha saputo fare oltre quindici anni di gavetta prima di approdare al full length. Quindici anni di pazienza, esperienza e tecnica che convergono in un lavoro completo, curato ed assolutamente imperdibile.
(Luca Zakk) Voto: 8/10
