(New Era Productions) Sono oltre vent’anni che gli Israthoum sono attivi, prima in Portogallo e poi in Olanda, senza contare gli anni precedenti vissuti sotto altri moniker. Vent’anni di perfezionamento che vedono la band veramente produttiva solo nell’ultimo decennio, periodo durante il quale sono stati pubblicati -questo compreso- ben quattro dischi, marcando una costante crescita stilistica incentrata su una sempre più maniacale ricerca del male assoluto, della purezza dei miasmi sulfurei, della decadenza verso i gironi più oscuri del Regno Infernale. “Litany of Spite” apre con atteggiamento minaccioso: tra il black ed il death, con un singing diabolico che per certi versi mi ricorda i belgi Possession, con tratti melodici accattivanti. Tappeto ritmico travolgente con “Bracu Magistrïs”, un brano con un groove micidiale che sfocia in un mid tempo irresistibile, melodico e dal sapore rituale. La componente death emerge su “Ascetic Temples”, progressioni di accordi dal gusto satanico, un’assalto caotico asfissiante ed ancora divagazioni melodiche suggestive. Altra melodia provocante che si fa contorcere da ritmiche guerrafondaie con “Laetetur Cor”, mentre “Adlivun” materializza la definizione del male in un etere infestato da sonorità meravigliosamente opprimenti. La conclusiva “Tuam Vocavit”, brano più lungo di questo obiettivamente breve album (poco più di mezz’ora) si insinua malvagiamente con impeto serpentino, prima lenta ed inquietante, poi più pesante con una consistenza granitica, sempre in un contesto di venerazione delle forze più mefistofeliche del fiero pantheon del regno delle tenebre. Una perversa impostazione aggressiva, un’urgenza sonora fuori controllo ma cinicamente concepita per incidere la carne, provocando dolore e sofferenza, in un banchetto di urla agghiaccianti provenienti da roventi celle disperse negli angoli più irraggiungibili dei claustrofobici labirinti infernali.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10