(Svart Records) In un caleidoscopio di allucinazione settantiane, i cui strascichi arrivano ai fino ai nostri giorni trasportati da scie chimiche spaziali, dalla Svezia si materializzano -completamente fuori epoca, fuori moda e fuori tempo- i Katla. Anni settanta appunto, krautrock, psichedelico strafatto ed una botta di heavy rock ricco musicalità attraente ed ipnotica. Chitarra, basso, batteria… e lì davanti lei, Lisa, singer con una voce deviata… ma anche violinista (e non solo in studio!)… tanto per mettere in chiaro la totale non convenzionalità della band. Nove canzoni immense, dove non mancano chitarroni seventhies super potenti, suoni isterici e ‘digitali’ come quelli degli Hawkwind, deviazioni vocali in preda agli acidi e un groove, diavolo, un groove immenso ed irresistibile. Ipnotica e poi potente la opener “Horsehead”. Dolce, sensuale, quasi Lynch-esca “Endless Journey”, rockeggianti ma poi canalizzate verso un proto-doom “Eat Sleep Die” e “I’m Your Queen”. Futuro e passato si intrecciano nelle erotiche melodie della title track, mentre “Circles” ha molto blues nel sangue, ed offre uno spazio immenso a Lisa, uno spazio che lei invade con prepotenza dimostrando delle capacità vocali veramente vaste. Mi fa impazzire “Illusion”, con quel sassofono in apertura e quel riff decadente ripetuto e rielaborato in tutto un brano pieno di suoni, di accenti, di influenze cangianti e stimolanti. Riflessiva “Collision”, fuori controllo la conclusiva “A Black Slimy Smooth Tongueshaped Form”. Un debutto senza tempo, senza regola, alienato, lontano, surreale. L’assurdità psichedelica ambientata in foreste umide e misteriose, il tutto con una esaltazione del lato emozionale pressoché infinta.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10