KAR088-krakow-amaran_booklet.indd(Dark Essence Records) Sconvolgente. Un album che appare inutile e scontato. Poi cresce. Si insinua. Entra in testa. Striscia dentro la psiche, contamina la coscienza. Prende il controllo. E’ il decimo compleanno dei norvegesi Krakow: loro lo celebrano con il terzo album, che cambia ulteriormente direzione. Cosa sostanzialmente ovvia in quanto questa è forse l’intera essenza della band, la quale ha mantenuto una line up sostanzialmente invariata (solo avvicendamenti alla batteria, ora c’è Ask dei Kampfar) ed una progressione creativa sconvolgente. Scompare quasi totalmente lo stoner che li definirebbe. Il buio avanza ed avvolge questi tre quarti d’ora sperimentali, atmosferici, decisamente ipnotici. Il risultato è un post metal quasi tranquillo, ricco di melodia -ma anche di rumori-, violentato da concetti drone, pieno di spontaneità artistica con un drumming caldo e coinvolgente il quale contribuisce ad instaurare un clima ansioso, strano, maledettamente più oscuro. “Luminauts” apre. Non è vero, avvicina. Avvicina ad un mondo strano, deviato, avvicina al punto di vista corrotto della mente degli artisti: un lunghissimo intro clean, poi oscurità e pesantezza, atmosfera, vocals clean, vocals graffianti …e poi corali. Sono solo i primi sette minuti e mezzo. Poi arriva “Atom”, quasi una canzone di rock tetro trasformata in qualcosa di inospitale ma magneticamente attraente, con una melodia che descrive i sogni. Il drumming è quasi fuori controllo su “Genesis”, pezzo ultra melodico, ultra sconvolto, ricco di dettagli armoniosi e vocals piene di terrore e dolore, con la traccia che sfocia in un concetti psico-drone ulteriormente inospitali. “Vitriol” è il pezzo che mi ha fatto innamorare di questo album dopo numerosi ascolti: pura ipnosi. Ritmi lenti. Vocals che graffiano i pensieri… un capolavoro che si aggrappa alla mente, dalla quale è praticamente impossibile rimuoverlo. Atmosfera e divagazione musicale con “Pendulum” e “Of Earth”, due pezzi ricchi di effetti, di feeling sludge e marcatamente noise. La conclusiva “Ten Silent Circles” è una rinascita. Se il noise dei due pezzi precedenti ha incendiato i sentimenti, distrutto le speranze, devastato i sogni, è quindi compito della traccia finale ristabilire gli equilibri, ridare speranze, offrire luce grazie ad una melodia rilassante, coinvolgente, ammaliante. I Krakow sono una band difficile da definire. Non hanno un vero genere. Faticano anche ad essere compatibili con gli standard di una label orientata a generi particolari. Ma con “Amaran” hanno raggiunto livelli impensabili, profondi, letali. Un album da ascoltare con attenzione e dedizione. I ripetuti ascolti fanno discendere ulteriormente negli abissi mentali dell’atmosfera proposta, rivelando sorprese, suoni, strumenti e dettagli meravigliosi.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10