copLochVostok(Vicisolum Productions) Confesso di aver avuto difficoltà a comprendere appieno questo “From These Waters”, sesta fatica degli Svedesi Loch Vostok. Non è facile, infatti catalogare lo stile della band di Uppsala entro un genere specifico. La loro proposta mescola metal estremo (death e black), progressive, djent, virtuosismi di chitarra, con una continua alternanza di voci pulite con altre estreme. Dotato di un tasso tecnico elevato, il combo Scandinavo tenta continuamente di stupire l’ascoltatore con improvvisi cambi di atmosfera, passando da parti tiratissime con blast beats a rallentamenti stoppati e tempi dispari, sui quali si staglia la voce pulita che tesse melodie indovinate e convincenti anche per chi, come me, non ama le clean vocals in un contesto estremo. Curiosamente, questi pregi si rivelano essere allo stesso tempo, i limiti maggiori di questo album, nel senso che la band tende ad inserire fin troppi elementi in ogni singolo brano, tanto da esaurire in breve le idee. Se tutte queste peculiarità fossero state diluite maggiormente, avremmo avuto a che fare con brani meno dispersivi. In questo caso, invece, il gruppo si ritrova a riciclare le stesse intuizioni che, se inizialmente possono entusiasmare, alla lunga tendono ad essere ripetitive, riducendo al minimo il coinvolgimento da parte dell’ascoltatore. La partenza è ottima, con “Like A Poison To The Stars”, dal riffing serratissimo e aggressivo, con le chitarre che si rincorrono in sweeps e assoli funambolici. Poi, improvvisamente arriva un rallentamento ultra tecnico, con melodie vocali anthemiche. Degne di nota anche “Fighting Fire With Blood”, stilisticamente molto vicina alle migliori cose di Devin Townsend, mentre la parte finale della conclusiva “They Brought The Dark” è prog di alta classe. Il resto dell’album è costituito da buoni brani, presi singolarmente, ma che annoiano inseriti nell’intero lavoro, per il semplice motivo che tendono a ripetere un po’ la stessa formula compositiva, magari invertendo gli elementi, ma che alla fine risultano sempre gli stessi, rendendone un po’ pesante l’ascolto. Un album, quindi da prendere a piccoli sorsi, per apprezzarne le composizioni senza cadere nella noia. La classe esecutiva non manca, devono migliorare dal punto di vista della fantasia.

(Matteo Piotto) Voto: 6/10