copmainpain(Diverso Edizioni Musicali) Heavy metal puro e incontaminato quello proposto dagli Italiani MainPain, nati nel 1999 e giunti al secondo full length dopo il debut “Food For Thoughts” del 2007. Vantano anche una vasta esperienza live, essendo stati chiamati diverse volte a supportare le date Europee del mai troppo sottovalutato Blaze Bayley, oltre ad aver condiviso il palco di diverse realtà Italiane come Domine, Strana Officina e Pino Scotto. I brani risentono delle influenze della NWOBHM e del power metal Statunitense nelle parti più cadenzate, con riffs potenti e rocciosi mid tempo. Su tutto ciò si staglia la voce di Ronnie Borgese, dallo stile simile a quello di Mario Linhares (Dark Avenger) ma un po’ meno acuta e più potente. Brani come “The Healer”, dal riffing incalzante e dal ritornello glorioso da cantare a squarciagola col pugno alzato o la successiva “Blood Arena”, caratterizzata da un refrain ultra epico, faranno felici i metalheads più incalliti. Non mancano i pezzi più aggressivi come “Kiss Of Death”, dove i riffs di chitarra si fanno pesanti e vicini al thrash nella parte iniziale. A meta canzone parte un arpeggio di chitarra e assoli armonizzati di scuola Iron Maiden che riconducono al tema portante del brano. “Cleopatra” inizialmente è abbastanza anonima come riff e linee vocali, per poi crescere nella lunga sezione strumentale, anch’essa influenzata dalla vergine di ferro. Con “On the run” il ritmo si alza sensibilmente con un riff alla Accept e la voce di Borgese che raggiunge note molto alte. “The Spiral” è un brano di quelli che i Judas Priest non scrivono più da molti anni a questa parte: twin guitars, riffs taglienti e vocals altissime caratterizzano questo pezzo, tra i migliori dell’album. “Wake up the sleeping giant” è aperta da un’arpeggio di chitarra che sfocia in una cavalcata maideniana intervallata da cambi di tempo e una prova vocale davvero convincente. Anche in questo caso è notevole la sezione strumentale e gli assoli verso fine brano. “Reflex Of Events” ricorda stilisticamente il metal di bands come Hammerfall e la voce si fa più aggressiva e sporca. La title track è un pregevole outro acustico, degna conclusione di un album davvero valido, ispirato e senza compromessi o modernismi di alcun genere. La produzione è più che buona e il livello tecnico dei musicisti è notevole, per un album di ottima fattura. Un must per gli amanti del metal classico.

(Matteo Piotto) Voto: 8/10