(Nuclear Blast Records) Il primo approccio con questo album solista di Marko Hietala, ovvero il bassista Marco Hietala dei Nightwish, da parte di chi scrive, è stata la canzone e secondo singolo dell’album, “Voice of My Father”. Un brano appassionato, melodico, intenso. Caratteristiche poi ampiamente rintracciabili in tutto “Pyre Of The Black Heart”. L’opener “Stones” è un misto di quel retaggio folk, tradizionale, che alimenta un metal che si trova in bilico tra fulgori (ovviamente) Nightwish, il power metal e l’heavy. Tutto però è configurato con melodie poste in primo piano e atmosfere che esaltano sentimenti, stati d’animo. Oltre cinquanta minuti ben espressi da Hietala, attraverso canzoni vere, compiute e alle quali legarsi sia con l’animo che con la semplice preferenza e gusto personale. Inoltre Hietala abbina la sua voce che sa essere versatile, cioè potente o melodica e modulata, brava anche a cambiare nelle variazioni della musica. Il basso è ben calibrato, ha un ruolo primario ma non è mai un eccesso. “Pyre Of The Black Heart” è un bell’album e da Hietala chi scrive non se lo sarebbe aspettato (e colpevolmente, bisogna pure ammetterlo!) un lavoro così ben dosato e curato. L’unico aspetto dell’album che francamente affatica un tantino l’ascolto è l’eccesso di malinconia, l’eccesso di scelte melodiche e arrangiamenti, soprattutto orchestrali dettati da synth, che per quanto imponenti tinteggiano sempre di grigio e una lieve angoscia o mestizia che possa essere. Tradotto: in questo album non si ‘sorride’ mai! Escludendo la succitata opener e poche altre situazioni, come “Runner of the Railways”, il resto genera un’atmosfera che può pure essere pesante. Almeno nelle prime battute dell’album, si avverte l’impressione di intraprender un viaggio dove sentimenti, musica, melodie e lo spirito personale e di chi ha composto il tutto, si unificano appunto in un viaggio comune, un percorso da svelare. Il seguito però ha un seriosità frammista ad epica piuttosto preponderante. Queste sono impressioni personali e il resto, l’insieme del tutto, non è altro che Hietala stesso. È questo un vero e proprio album solista, cioè si ha la sensazione di avvertire la personalità, quella fatta di idee, sogni, pensieri e arte, dell’autore, del musicista… dell’uomo… Non sentirete i Nightwish in questo album, se non qualche piccola oncia di arrangiamenti, ma in definitiva Hietala ha preso il suo cuore, lasciandolo battere di quanto ha dentro nello studio di registrazione. Il risultato è un ritratto personale inatteso.

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10