copmaudlin(ConSouling) I Maudlin provengono dalla terra belga, di preciso la zona delle Fiandre tra Brugge, Oostende e Knokke. E’ un luogo dove il cielo è di sovente grigio, basso e quindi piovoso, molto. Si adagia su un territorio essenzialmente piatto. Una lunga linea retta che va da una parte all’altra. Questo nuovo lavoro è una perfetta colonna sonora per descrivere certi luoghi e atmosfere e colori e luci. Si presta a questo anche per via di un continuo mischiare di soluzioni che vanno dal doom allo sludge e dalla psichedelia al noise e post metal. Un sound che riporta spesso alla memoria i Cult Of Luna, i Neurosis, i Type-O-Negative e aggiungendoci il fatto che in ogni composizione inseriscono momenti soffusi, sonorità sospese, a volte lugubri, altre, spaziali o comunque psichedeliche, dove tutto fa pensare ai Pink Floyd, in particolare per i lascivi fraseggi della chitarra in stile David Gilmour. “A Sign of Time” è un lavoro per la mente o della mente. Dipende dal punto di vista e come lo si vuole analizzare, visto che è stato scritto con l’idea di un concept, a dire il vero un po’ cervellotico, pur non avendo i testi per esserne totalmente sicuro. L’idea è quella di riprendere ciò che elaborò negli anni ’40 un tale Dott. Freeman che credette “di aver trovato la cura per la depressione dividendo gli emisferi del cervello [con] una procedura chiamata ‘lobotomia transorbitale‘. In sostanza questa procedura consisteva “nello spingere un icepick [un punteruolo per rompere il ghiaccio] nella cavità oculare e spostarlo in una certa posizione in modo che tagliasse il corpo calloso”. Pensa un po’ te la Scienza, delle volte. I testi parlano delle sensazioni di un ipotetico paziente sottoposto a questo trattamento. Ritornando alla musica, le canzoni sono 9 e quasi tutte di durata considerevole, salvo per le brevi intro e outro e la floydiana “Become Minutes”. “A Sign of Time” nella sua prima parte è incalzante. L’album arriva ad essere una continua successione di parti e strutture a volte pesanti e cupe, in altre fluide e con pezzi di melodie accattivanti, però arrivare poi alla fine della sequenza dei pezzi diventa faticoso. La colpa è di qualche brano decisamente troppo ombroso e claustrofobico, rispetto ad altri che hanno un tocco più brillante. Gli sbalzi umorali sono probabilmente legati al discorso del concept, ma, cari Maudlin, se avete ascoltato i Pink Floyd forse non avete ben afferrato come si da scorrevolezza al flusso di idee e concetti in un lavoro simile. Mia personale considerazione, posta a margine e per approfondire ancora di più un lavoro che in quasi un’ora offre diversi spunti interessanti, in un clima comunque ispirato e dinamico.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10