(Autoproduzione) Metallo vero e puro. Indipendente, ribelle, arriva pesante da uno stato di emarginazione che rifiuta con forza e decisione. I Meatshank, sono in tre. Crew e management compreso. Oltre a suonare, ognuno di loro ha un ruolo: carico dell’equipaggiamento, management, meccanico e pure autista del camper usato per vagare da location a location. Location che viene sistematicamente usurpata con un thrash furioso, ritmato, che mi fa ricordare i Sodom dei tempi di “Agent Orange”. Sono così dannatamente metal nel modo di essere, nel modo di vivere, nell’essenza. Raro al giorno d’oggi, epoca dove essere brutti, sporchi e cattivi è quasi illegale. I Meatshank sono Americani, Kansas city e la loro presentazione ufficiale è semplice: dicono di suonare del fottuto metal, e di essere influenzati da tutto tranne i Manowar. È impossibile resistere alle ritmiche impregnate di melodia che i Meatshank riescono a produrre: assaggiate il sapore dei loro riff velenosi su “Rape, Murder, Arson, Rape”. Vagamente ispirati a generi scandinavi, riescono a coinvolgere completamente su “Symbiotic Annihilation”. Malinconicamente letali sulla bellissima “Sweet Release”. Classici ed epici su “Scavengers of the Meat Market”. Tetri e profondi, ma anche scatenati e brutali sulla conclusiva “Hell Road”. Un album con grandiosi riff, imponenti ritmiche, tanti ottimi assoli, un growl potente, chiaro, deciso, mai ovvio. Un gran ottimo album. Dannatamente sincero. Auguro ai Meatshank una etichetta tosta, ma spero rimangano sempre così: puri, potenti, fieri, selvaggi.

(Luca Zakk) Voto: 8/10