(Atomic Fire Records) Ironia della sorte… Proprio un album con questo titolo segna forse un decisivo spartiacque nella discografia dei Meshuggah, che di fatto a mio avviso confezionano con il loro nono lavoro il primo disco non djeng, genere sì da loro inventato, ma che di fatto era diventato un abito ormai troppo comodo da sfoggiare. Chissà, forse la voglia di cambiare viene a tutti i gruppi prima o poi, ma almeno i nostri hanno sfruttato l’occasione per registrare un lavoro se vogliamo molto più semplice dei suoi predecessori; eppure molto centrato, che va direttamente a punto senza perdersi in troppi fronzoli. Forse lontani dalle pressioni di un’etichetta troppo grossa come la Nuclear, i Meshuggah sembrano essersi presi un po’ di indipendenza creativa, arrivano ad ispirarsi a qualcosa/qualcuno che non fosse loro stessi. In alcuni casi sembra di ascoltare delle demo di “City” degli Strapping, giusto per dare un’idea di come questi pionieri del tech metal abbiano deciso di rielaborare le proprie radici sonore, confezionando 13 tracce che esprimono al meglio tutto il loro amore per quel metal nervoso e schizofrenico così ben rappresentante i primi anni 2000. Finalmente posso dire di aver ascoltato davvero un nuovo lavoro dei Meshuggah…

(Enrico MEDOACUS) Voto: 8/10