copMetalChurch(Nuclear Blast) Arrivano all’undicesimo album gli Statunitensi Metal Church, alfieri del lato più heavy del power metal Americano, che spesso confina nel thrash metal. I primi quattro album della band sono tutt’ora delle pietre miliari del genere, a cominciare dal debutto omonimo, che metteva in mostra un songwriting di alto livello, seppure con tutti i limiti da attribuirsi ad un debut album. Il successivo “The Dark” confermava le ottime premesse del primo album, registrando una crescita tecnico/compositiva evidente. Dopo l’uscita del cantante David Wayne, il gruppo ingaggia il l’ex Heretic Mike Howe, singer dotato di una voce potente, estesa e graffiante, che permette ai Metal Church di fare il definitivo salto di qualità, culminante nello splendido “Blessing In Disguise”, vero e proprio capolavoro della band Statunitense. Ho accolto con gioia, quindi, il ritorno in formazione di Howe, a distanza di una ventina d’anni dalla sua uscita. Una scelta che influisce in maniera marcata sul risultato finale dell’album. Se è vero che i brani erano già stati scritti, e quindi non ha partecipato al processo di songwriting, è altrettanto vero che la timbrica graffiante di Mike ha fortemente caratterizzato i brani di quest’album, donando loro una marcia in più. L’opener “Reset” ci riconsegna una band ispirata, come da molti, troppi anni non riusciva ad essere. Il riff di apertura è semplicemente perfetto: veloce, tagliente e diretto, sostenuto da un drumming martellante, mentre la voce di Mike ci riporta agli anni d’oro dei nostri, sfoderando una prestazione sopra le righe. “Killing Your Time” è aperta da monolitiche parti di chitarra stoppate, che si sviluppano in un mid tempo roccioso che raggiunge il proprio apice nello stupendo ritornello. Impetuose chitarre acustiche introducono “No Tomorrow”, dal riff che richiama quello di “Merciless Onslaught”, con linee vocali grintose ed un drumming che non fa rimpiangere quello di Kirk Arrington. Un nuovo arpeggio di chitarra apre “Signal Path”, mid tempo roccioso e pesante, stemperato da melodie dilatate nel refrain. Le atmosfere si fanno estremamente cupe ed oscure su “Sky Falls In”, dal riffing lento e cadenzato che si protrae per tutta la durata del pezzo, che ha il suo punto debole proprio nella lunghezza. Le atmosfere si mantengono darkeggianti anche su “Needle & Suture”, brano maggiormente dinamico sorretto da una ritmica schiaccia sassi. “Shadow” ha un incedere più vicino all’hard rock, grande passione del chitarrista e leader della band Kurdt Wanderhoof, mentre con “Blow Your Mind” ci rituffiamo dentro atmosfere plumbee e lugubri, con un arpeggio sinistro che cede il passo ad una ritmica sincopata sulla quale si stagliano le vocals di Mike Howe, mai così intense come in questo episodio. “Soul Eating Machine” ci riporta a sonorità più classiche, con richiami palesi a Judas Priest e Accept. “It Waits” è forse il brano più variegato dell’album: al suo interno troviamo parti lente dominate da basso e batteria, arpeggi sinistri, vocals stralunate e chitarre distorte in crescendo che sfociano in un riffing pesantissimo ed efficace. Anche in questo episodio, l’apporto di Howe è fondamentale; con il suo timbro di voce ora malinconico, ora isterico, si dimostra il vero mattatore, conducendo l’ascoltatore attraverso i cambi di atmosfera presenti nel brano. “Suffer Fools” conclude nel miglior modo un album che ci riconsegna i Metal Church in forma smagliante, dopo le prove non sempre convincenti sfornate negli ultimi anni. Un ottimo ritorno!

(Matteo Piotto) Voto: 8,5/10