copMonarca(autoproduzione) Un quartetto italiano in controtendenza. E per diverse ragioni. Nascono quasi per caso come cover band strumentale. Poi l’evoluzione, il cantante. Poi cambi di line up… nuovamente un gruppo senza front man. Ma serviva davvero un singer? Non so se loro si siano mai veramente posti questo quesito, ma la loro musica, le loro jam sessions, stavano diventando importanti, ricche; si sono resi conto che era la musica stessa a cantare, a parlare, a comunicare. La band poi partecipa a dei contest, suona dal vivo… ma si tratta sempre di jam sessions, non c’è un album dal quale attingere brani… e questo -per quanto inconsueto- è forse la vera essenza della musica, dell’ispirazione. Dell’arte. Ma il momento delle registrazioni arriva, anche per consolidare una eredità, per dare un po’ immortalità a musica venuta dal cuore; ed ecco che, autofinanziandosi, arrivano a questo EP omonimo, composto da cinque tracce sempre strumentali (più un intro). Ed è a questo punto della storia che un ascoltatore vuole sapere, si informa, legge… fino ad apprendere che i Monarca suonano, a loro dire, “post rock, strumentale”. Ma anche in questo caso si torna al concetto di controtendenza: certo, le radici sono post rock, questo è indubbio (anche considerando le origini stesse della band), ma in questa mezzora c’è molto più di un “semplice” post rock. Viene da pensare all’alternative per la variabilità del sound, ma nemmeno questa definizione sarebbe corretta. “Monarca” è -forse- del post rock/metal progressivo e melodico, se mai una definizione del genere può aver senso: troppe le melodie di chitarra, ricche di armonia, confinanti con il prog, radicate laggiù fino al blues. Troppa l’atmosfera cristallina e non graffiante per essere solo del decadente post rock. E troppo potenti quei riff per restare legati al limitato mondo del rock senza sconfinare in generi più pesanti. “Crickets” dopo una lunga sezione ricca di armonia ed inquietante ansia esplode con rabbia, con grinta, con impeto per poi aprire innumerevoli parentesi contenenti un ampio spettro stilistico, il quale offre spazio a tutti gli strumenti, evidenziando stili, abilità, capacità individuali; e a volte ci si immagina i quattro ragazzi impegnati con il proprio rispettivo strumento, in sala prove… con quel cambio di tema preceduto da rapidi sguardi di intesa. Molto più metallo su “Chasing T(h)ree Woods”, con quelle evoluzioni post che instaurano un’atmosfera di sospensione, irreale, priva di direzioni ma con tutte le destinazioni chiare. “Same Thing, Different Ending”, nella prima parte, è quasi delicata, riflessiva, intensa, atmosferica… fino al cambio di direzione, dannatamente post rock, riff taglienti e quel crescendo di idee da jam session che sono indubbiamente il marchio di fabbrica dei Monarca. Assolutamente variegata “Kookai”: metallo, rock, post, melodia, virtuosismo, prog; È forse incarico dell’ascoltatore carpire lo stile dominante, ammesso ce ne sia uno, aprendo la mente ed abbandonandosi ad una spirale di suoni, di note, di accordi talvolta non convenzionali, ai confini di una magnetica dissonanza. In chiusura “Sunrise” è un costante susseguirsi di melodie e ritmiche pungenti, con un risultato ricco di energia, travolgente, quasi catchy. Impressionante il livello qualitativo per un progetto sostanzialmente locale ed underground, ed assolutamente di prim’ordine il livello tecnico, la fantasia, gli arrangiamenti ed il gusto creativo. Un costante flusso di messaggi, sensazioni, emozioni, trasmessi nel modo più antico e naturale: l’armonia dei suoni.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10