(Eat Lead and Die Music) “The Great Silence” apre in modo consueto per Monsterworks: un crescendo e lo squarcio vocale di Jon. Un’entrata urlata, tragica, imperiosa. Il resto è un gioco di riff che aumentano, lievitano. Riff imponenti e percorsi da pathos, dramma e solennità. Quasi otto minuti e mezzo di uno scorrere struggente in un’atmosfera ruvida. “Weight of Emptiness” ripete lo schema abituale dei Monsterworks, che vede momenti di sospensione, progressioni, esplosioni di un metal robusto ma agile, melodico ma drammatico. Un progressive che affonda su matrici alternative metal, psichedeliche e rock. Con “Cosmic Deadly Probe” che per poco più di due minuti sembra quasi un ponte, un allacciamento tra due parti dell’album, la seguente “The Reveal” riporta lo stile dei Monsterworks a una visione quasi jazz nelle strutture, oltre a un clima nettamente brioso. Tuttavia è “All Truths Be True” a rappresentare la sintesi migliore della band originaria della Nuova Zelanda, grazie a quell’equilibrio tra psichedelia, rock e lampi di un metal dal carattere heavy. Il brano forse è la concentrazione della storia musicale dei Monsterworks. Qualcosa di non molto distante dalle ere di “The God Album” e “Album of Man” per esempio. “Ockham’s Razor” è, il poema, la suite da dodici minuti e mezzo. Andatura manipolata dagli umori, dall’enfasi e dalla ricerca. L’album prova a dare una spiegazione sulla vita nell’universo e del perché la nostra non ha ancora incrociato le probabili altre esistenti. Il cosmo, l’immenso e l’infinito, le forze che ne fanno parte, sono argomenti cari ai Monsterworks. Tutto ciò che si annida nella grandezza è la materia del discorrere, dei testi, mentre la musica prova a essere un’architettura suprema. Gli assoli toccano come sempre linee liriche notevoli. Piccole gemme di questo campo di forze dove masse si scontrano e energie si liberano rigogliose per poi svanire nel vuoto. Questa band ha scritto una parabola ascendente di incredibile valore, purtroppo forse da qualche anno si è adagiata nella costruzione di suite e brani dove la strumentalità prende il controllo, a discapito della costruzioni di canzoni che esaltino un concentrato gruppo di melodie. Tuttavia non è la banalità il pane quotidiano di una band che sperimenta a suo modo la grandezza.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10