(Pagan Records) Mai fermi. Mai prevedibili. Sempre un passo avanti. Il loro black metal continua a evolvere, a mutare, a trasformarsi in nuove forme bestiali. Se con “Ansia” del 2013 (qui) la band polacca spaziava più su territori in un certo senso post black, poi con l’EP “Our Hearts Slow Down” (qui) cambiarono direzione ed il loro post black fu invaso da divagazioni melodiche, da doom, da blues, dimostrando un innalzamento di livello della band. Era un preludio dell’album seguente, ovvero “Hope”? No. Perché con quel favoloso disco (recensione qui) cambiava di nuovo le regole, diventando molto meno cinico, lontano dal post black, con un suono più caldo, avvolgente, teatrale. Era tempo di prevedere una stabilità di direzione artistica, era auspicabile che “Dreams of Quiet Places” seguisse i passi di “Hope”… ma invece no. Le cose non funzionano così in casa Mord’A’Stigmata. Il nuovo lavoro è complesso, contorto e, mettiamolo in chiaro, è difficile da assimilare se non dopo svariati ascolti, specie partendo con in testa le note e le atmosfere di “Hope”. “Dreams of Quiet Places” è un album eclettico, contorto, che con intelligenza riesce a sorprendere deviando con prepotenza su territori lontani dal black, ma sempre coerenti, sempre legati in maniera indissolubile. Se le canzoni di questo disco possono risultare complesse, più difficili da memorizzare, sono i fantastici dettagli che emergono durante quel senso di abbandono che si manifesta durante l’ascolto, i dettagli del basso, le progressioni della batteria, gli inserti elettronici, le chitarre e la potentissima voce. “Between Walls Of Glass” parte atmosferica, con un crescendo irresistibile fino ad esplodere in un groove tuonante, travolgente, sconvolgente; il brano emana disperazione, sofferenza ma anche quel senso carnale tipico del sound di bands quali i Panopticon. Maledettamente oscura “Exiles”, oscura e dissonante, poi provocante con quella dinamica irrequieta, progressiva, ed infine nuovamente violenta e contorta. Nuovi suoni emergono con “Spirit Into Cristal”: un brano che si abbandona in una teoria noise/industrial, quasi beat, per poi magistralmente, quasi senza coscienza di percezione, condurre verso un black sferzante, melodico, intenso, passando anche per un dark wave ottantiano. Ma questo brano meraviglioso continua a sorprendere, introducendo oscure clean vocals e mescolando ritmiche profonde con una tendenza che arriva al dark wave, prima di tornare ad un black avant-garde tortuoso, ma assolutamente ipnotico. La strumentale “The Stain” perde ogni collegamento con confini sonori, finendo per essere una superba esecuzione di black metal fuso con prog psichedelico. Richiami a “Hope”, ma deviati e psicotici, emergono con “Void Within”, prima di tornare ad un feeling naturale, spirituale con la tecnica sopraffina di “Into Soil”, un brano con interessanti richiami a Satyricon ed ancora a Panopticon, ma con pesanti iniezioni moderne, le quali non rifiutano l’elettronica. La conclusiva title track è l’apoteosi, il climax, il vertice di questo soundscape irresistibilmente cervellotico, offrendo quasi tre minuti di beat digitale dal feeling cosmico, una dichiarazione di intenti micidiale offerta nel contesto di un outro pieno di intense vibrazioni. “Dreams of Quiet Places” è un altro capitolo nuovo. Stilisticamente immenso e contorto, musicalmente curato e dinamico. I confronti con i lavoro precedenti sono un puro aspetto personale, una sfera intima e privata impossibile da descrivere.

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10