(Transcending Obscurity Records) Due menti dannate quelle di Paul Gillis e Stephen Reichelt, totalmente assorbite da incubi e visioni irrazionali, tradotte in una sola forma possibile che è quella del grindcore-death metal. Musica satura di devastazione, di malattia, follia forse. Il caos magmatico dei primi Carcass, ma meno marcio, con il grindcore più evoluto, fitto di tempeste nelle quali grava un’atmosfera d’Armageddon, in cui i pattern ritmici – sono tutti doverosamente artefatti, niente batteria acustica – si attorcigliano con chitarre e basso. “Inevitability” è un esempio ultimo di estremismo musicale pensato con un canovaccio metal, alla base, con atmosfere sature di accordature basse, accordi imponenti e rivestiti di toni infernali. Un estremismo che germoglia in un death metal privo di strutture fisse e spinto verso la centrifuga sanguinaria del grindcore. “Inevitability” è un lavoro sfiancante però in grado di turbare e spiazzare l’ascoltatore. Un album nel quale non esiste una linea totalmente continua, le oscillazioni delle forme dei pezzi sono evidenti eppure il tutto risponde sempre a un intento di estremismo puro. Paul Gillis è alle chitarre, al microfono e crea le basi ritmiche, mentre Reichelt suona il basso spingendosi anche a trame di effetti gestiti col pedale, come in “Departure”, un interludio sinistro quanto evocativo appunto tratteggiato col basso. Sembra che ci sia posto solo per loro due in questo universo terribile, oltre agli strumenti e l’effettistica ovviamente, senza però dare spazio per altro o altri. Solo loro due per tessere in maniera oscura e a volte esasperante, questo terzo album che in copertina mette un’immagine degna dei suoni che riveste. “Inevitability” è un capolavoro, del male però.

(Alberto Vitale) Voto: 9/10