(Stickman Records) Con la famigerata suite “N.O.X.” di 42′, preziosa pietra angolare quanto ambiziosa e posta alla fine di una trilogia iniziata con “The Crucible”, nel precedente album “The All Is One”, i Motorpsycho si sono tuffati nel prog rock degli anni di gloria, con scenari che possono ricordare King Crimson, Genesis ecc. ecc. “Kingdom of Oblivion” presenta ora un variegato ma a conti fatti spartano rock e sempre di natura anni ’70 e precedenti. Dalle prime battute di questo album, nettamente caratterizzate da uno stampo hard rock, vengono in mente gli ultimi Opeth – “The United Debased” in particolare – che tanto amano giocare a fare i ‘settantisti’. Non lo si vuole scrivere con acrimonia, eppure nel caso dei Motorpsycho era prevedibile che dopo tanta magnificenza, dopo tanto osare, la band scegliesse un passo più snello ma a suo modo, va riconosciuto, con picchi di raffinatezza. Questo continuo suonare in maniera retrò è la dimostrazione che la band norvegese voglia sperimentare, anche quando probabilmente non ne ha di sperimentazione da fare. “Kingdom of Oblivion” sembra registrato nel 1970 e dintorni – figura anche la cover di “The Watcher” scritta da Lemmy Kilmister quando era il bassista degli Hawkwind – ma è evidentemente un prodotto attuale. Il risultato pone dei pezzi comunque interessanti, fruibili, piacevoli da parte dei norvegesi però il punto focale è che “Kingdom of Oblivion” è un buon album perché è negli standard della band. Uno standard che li vede fedeli a quel suonare che abbraccia il vecchio e butta un occhio nei limiti del possibile alla contemporaneità, suonando rock, psichedelia, accenni folk. Un modo caro ai Motorpsycho, tra i primi a guardarsi indietro durante epoche di modernità che si susseguono. La band suona sempre bene anche quando tutto è meno che rock, magari con aggraziate litanie folk stile San Francisco dell’estate dell’amore o con una psichedelia di altri tempi in stile Robert Fripp. C’è spazio e tempo, poco oltre settanta minuti perché i norvegesi hanno sempre tanto da dire, cantare, suonare. Non sempre è necessario farlo dopo oltre venti album, caterve di EP, live album e così via, il rischio è di ripetersi in certi frangenti e di ripetere gesti altrui.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10