copmountainsamongus(Argonauta Records) Ho apprezzato molto il disco dei From Oceans to Autumn, qui recensito, ma con grande onestà confesso di non amare quello dei Mountains among us, che con gli Oceans condividono il mastermind Brandon Helms. Anzitutto, trovo fuorviante le definizioni di ‘blackened avant-garde’ o ‘post rock/avant doom-gaze’ che i nostri danno della propria musica: se state pensando agli Ulver siete assolutamente fuori strada, questo è un post metal strumentale dove di doom e di black non c’è assolutamente nulla. C’è un po’ di sludge, forse, ma la cosa finisce qui. I cinque brani, tutti attorno ai dieci minuti, condividono poi significativi momenti di vuoto e ripetitività che non possono, semplicemente, essere giustificati dal genere suonato (qualunque esso sia…). Si era, in verità, partiti abbastanza bene con “Centurion”: ritmo sostenuto, qualche bella apertura acustica, ottimo lavoro di batteria. Ma i dodici minuti di “Atonement” suonano incredibilmente prolissi e monocordi (in praticamente tutto il brano si diffonde lo stesso riverbero, più o meno sovrastato da passaggi strumentali non eccelsi), e “Walls”, per larghi tratti, manca della forma-canzone, riducendosi a suoni e riverberi più o meno musicali. È invece gradevole “Mortal Life”, con le sue eleganti movenze post-rock, quasi come certi Mogwai, ma la conclusiva “Farewell Discourse”, l’altro pezzo superiore ai dieci minuti, si trascina a lungo in un rumorismo incerto e decisamente ripetitivo. Dispiace sempre bocciare un disco, ma stavolta non vedo proprio margini di salvezza.

(Renato de Filippis) Voto: 5/10