
(Darkness Shall Rise) Giunge al secondo album questo tetro e infinitamente malinconico duo proveniente dal nord della Svezia, il quale musicalmente si muove etereo dentro le nebbie del goth, nell’impeto del rock… quasi un incrocio suggestivo di act quali Katatonia, Paradise Lost, Tiamat, The Mission, The Cure e pure Anathema. Un’aura di tristezza domina le nove tracce, lo fa con determinazione, con chiarezza, con poetico cinismo, attraversando melodie delicate ma incisive, con progressioni rock capaci di graffiare e lacerare le carni anche sotto quest’aura di mestizia soffusa. La opener “Shadow Speaker” mostra un senso d’ansia, di disperazione, con un riff tagliente, una progressione deliziosamente tragica. Ipnotica e passionale “Sketches From The Dark”, stupenda l’elettronica di “Dark Streets”, un brano con un testo che trovo emozionante. Le tenebre vengono sferzate dai bagliori di esplosioni emozionali con “Alright For Now”, c’è del goth doom di pregiata fattura nella potente “Night”. Pervade un bellissimo feeling a-là Katatonia su “Shifting Baseline”, mentre in chiusura due pezzi corposi, i quali assieme superano i venti minuti: la struggente “Rainbirds”, una canzone che bilancia con genialità elettronica moderna e sonorità uggiose, e la conclusiva title track, un epilogo così profondo che riesce a far convergere lacrime luttuose che solcano il viso e sorrisi che lo distendono, suggerendo ipotesi di speranza. Musica introspettiva che nasce nel buio, melodie che crescono nel cuore delle ore più tarde, una poesia che ha senso di esistere solo negli istanti più lontani dalla prossima alba. Un disco che abbraccia l’ascoltatore, con apparente dolcezza, ma con una fermezza decisa, suggestivamente prepotente. “The Longest Night” è un disco che ti avvolge molto lentamente, molto dolcemente, quasi una carezza, tuttavia possedendoti, portandoti via, lontano, senza considerare alcuna ipotesi di ritorno.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10




