copnecromass(Funeral Industries) Mi sbaglio o i Necromass erano una sorta di black metal band dalle atmosfere cupe, occulte e spiritate? Passano poco meno di una ventina di anni dall’ultimo album e il ritorno della celebre formazione fiorentina mi lascia parzialmente basito. “Calix. Utero. Babalon.” non ha quella gelida atmosfera irruenta degli esordi o le strutture più elaborate ma dai suoni animaleschi dell’ultimo album pubblicato anni fa e intitolato “Abyss Calls Life”, ma presenta una sorta di blackend che imperversa attraverso suoni per nulla ruvidi. Le melodie non sono attuali, hanno quella tradizione nera, ma allo stesso tempo anche dai toni nordici, scandinavi. Il balck metal si, compare, soprattutto attraverso i blast beat che fanno capolino con studiata precisione, ma non credo che l’intero album abbia quella sincera direzione. Il nuovo corso è fatto di variazioni, di giochi su mid tempo e impennate delle velocità ritmiche. Esempi lampanti sono “Ad Luciferis Vim”, “The Bornless One”, anche se il totale dei pezzi ha questa caratteristica. Il cantato è “verboso”, Ain Soph Aour con le sue strofe entra ovunque, non si da pause per concentrarsi esclusivamente sul suo basso; il drumming di Charun è articolato e sostenuto e srotola colpi senza risparmiarsi. Detto che il clima generale e il riffing pende continuamente verso il blackened, anziché per il consueto black metal, le chitarre di J.C.Chaos e Nachzerehr Mara hanno una direzione compositiva ben definita e che si ripete negli schemi delle canzoni. “Calix. Utero. Babalon.” ripropone sprazzi di un passato da culto, ma la patina della modernità e pezzi tutto sommato “nella norma” non riprendono il lustro del quale i Necromass sono in possesso. Se nelle intenzioni l’album fosse un ritorno in grande stile, allora si deve attendere il prossimo.

(Alberto Vitale) Voto: 6/10