copnetherbird(Scarecrow Recordings) Credo sia la prima volta che incrocio per una recensione i Netherbird, band che si sta muovendo da qualche anno nell’universo del symphonic black metal e che con “The Ferocious Tides of Fate” arriva al terzo album nella propria discografia, la quale però da adesso forse sarà un po’ meno symphonic. Gli svedesi non sono mai stati dei veri estremisti del black metal, anzi non lo hanno mai suonato con ferocia estrema e ruvida attitudine. Il loro sound pur nelle sue punte estreme ha mostrato nel tempo un certo ordine e una pulizia di idee che è pian piano cresciuta nel tempo. Ecco appunto l’apice per i Netherbird, cioè l’album che sintetizza al meglio la loro filosofia sonora e la tradizione musicale esposta, appunto meno symphonic del solito, ma sempre melodica, epica in molti risvolti. Le chitarre sono molto ampie, dilatate e vaste nella loro capacità di creare scenari a tratti pomposi o epici. Dunque meno tastiere, inoltre esistono contemporaneamente molti passaggi anche meno black del solito e più inclini al death/blackened. Nuovo batterista in formazione, ovvero Nils Fjellström (Dark Funeral, Aeon ecc.) il quale mette il suo sigillo sulle strutture ritmiche con una tecnica asciutta e di valore. “The Ferocious Tides of Fate” presenta sei pezzi, nei quali c’è un breve strumentale, dal minutaggio sensibile. “Shadow Walkers”, che nel suo incipit fa tanto doom inglese anni ’90, supera i 5′ e mezzo, poi due brani da oltre sei e 7′, mentre “Along the Colonnades” è una suite di quasi 12′ e nella quale la band profonda un’attitudine progressive per le diverse parti che si combinano e sfumano le une nelle altre. Nonostante la vastità delle composizioni “The Ferocious Tides of Fate” non annoia e anzi scorre con ritmo. Diversi passaggi offrono andature più placide, tinte tese ad essere languidamente melodiche o maestose e in quei casi sono le chitarre a tingere polifonie che sanno essere espressive. Dicevo appunto in apertura che i Netherbird si dimostrano meno sinfonici eppure il songwriting propone tantissime atmosfere, ma l’aspetto inatteso è che sono sempre le chitarre di Bizmark e Johan Nord ad essere le vere tessitrici delle trame di questo ottimo album.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10