(Mighty Music) Il 2022 è il 33esimo anno di carriera per i francesi No Return che si mostrano ancora paladini del thrash metal contaminato dal death metal e in particolare da quello melodic, cristallinamente vicino a certe cose dei Dark Tranquillity, nonostante però i francesi siano ben più massicci degli svedesi. Il côté trhash metal è muscolare, potente e sostanzialmente molto ritmato. Le chitarre decidono le andature e la base ritmica viaggia spedita ribadendo le diverse variazioni che infondono al tutto. Si ascolti ad esempio “Killing Machines” che nella sua frazione iniziale, appare come una trasposizione più pomposa dei Testament di questi anni. Dunque ritmiche voluminose e scatenate che si sommano a un riffing cavalcante con variazioni melodiche che subentrano senza sosta. Proprio “Killing Machines” come anche “No Apologies”, oppure “Unscarred” catturano da subito l’attenzione, però non sono le sole perché nonostante tutto le dieci canzoni di “Requiem” sono tutte il prodotto di un lavoro interessante. Alcuni pezzi mettono in mostra un esacerbante lavoro ritmico, qualcosa che stende l’ascoltatore! Oppure sono quei solo impareggiabili, distribuiti ovunque a contribuire così alla solidità e resa delle canzoni. “Requiem” si distingue per essere un’onda dirompente non priva di qualità e finezze espresse dai singoli quanto da una stretta interazione tra di loro. In questo album poi ritorna al microfono Steeve Petit, detto anche Zuul. È già stato cantante della band in passato per due album di inizi anni 2000, oltre ad essere il frontman dei Zuul Fx, un’accattivante creatura musicale dedita all’industrial. Cinque anni dopo “The Curse Within” e prima ancora da un band nata nel 1989, ecco un macigno cesellato di maestria che rotola sulla scena metal.

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10