(Beverina / Casus Belli Musica) Molto complesso, come d’abitudine, il quinto album degli americani Nullingroots. Dal 2014, anno di formazione (precedentemente esistevano con il moniker Solus), hanno regolarmente pubblicato un album all’anno, tranne nel 2018, e questo “Malady’s Black Maw” di fine 2019 è un contorto concept che parla di una storia sull’anticipazione della vita terrena e sull’accettazione di questo fatto, nonché sulla ricerca di alternativi obiettivi dell’esistenza. La base dell’argomento sta sul principio secondo il quale la normale vita è spesso improvvisamente interrotta da fatti imprevedibili, tanto che vivere in questa realtà si rivela così banale, tanto da diventare persino volgare; quindi è essenziale trovare in tutta questa sofferenza la bellezza che risiede nella tristezza, per evitare che la morte -inevitabile- diventi una specie di malattia contro la quale è inutile cercare una cura. Con queste premesse, il genere suonato, un black con pesanti influenze post e blackgaze, diventa perfetto per esprimere con rabbia ed aggressività tali concetti, ed i lunghi brani contenuti nel disco (tutti oltre gli otto o nove minuti) sono la perfetta colonna sonora per uno stato mentale difficile da raggiungere, estremamente difficile da accettare. Il disco apre con la imponente “Heaven Bending” (oltre unici minuti), la quale alterna momenti apparentemente idillici con una furia oscura priva di pietà. “Ember” è basata su una teoria melodica accattivante, ma è sferzata da ritmi selvaggi, un post black ai confini con l’industrial. Malvagia ma anche suggestiva “To Die in a Memory”, imprevedibile ”Erase Your Map”, pregna di provocante oscurità ”Mendacious”, travolgente “Inculcate”, prima della conclusiva ed instabile ”Tellurian”. “Malady’s Black Maw” è un album che richiede moltissimi ascolti per essere capito, anche perché i vari brani -visti da lontano- hanno un’apparenza simile, tanto che appare faticoso distinguerli tra loro: non tanto perché una poco creativa similitudine tra le tracce, ma per il fatto che l’immensa iniezioni di divagazioni e variazioni, riescono a confondere e completamente squilibrare l’ascoltatore. È tuttavia innegabile che, nonostante la difficile fruibilità, si tratta di oltre un’ora di musica estrema molto dettagliata, curata, ricca e dal perverso sapore progressivo.

(Luca Zakk) Voto: 7/10