copokular(Regenerative Productions) Una volta la Norvegia era il black metal, ma qualcosa sta cambiando, anzi è già cambiato molto. Ultimamente mi sembra che i norvegesi stiano sperimentando, dilatando i contorni di stili e generi e mutandoli in qualcosa di diverso. In Metalhead lo si percepisce dall’ascolto dei prodotti della Indie Recordings (etichetta ovviamente norvegese), la quale si sta focalizzando su un ampio spettro di generi tra il rock e il metal, c’è poi la Misantrof, la quale è una brillante realtà di novità sonore (non solo norvegesi). Più di tutti ci sono i nuovi lavori di band del pantheon norvegese che hanno fornito novità, rispetto al loro passato musicale. Gli Okular potrebbero essere un esempio di questo cambio di pelle nell’anatomia musicale di quell’angolo della Scandinavia. La band di Oslo capitanata da Andreas Aubert si ripresenta con un lavoro degnamente proiettato nel melodic death metal dalle forti spinte progressive. L’atteggiamento compositivo non è come quello dei vicini svedesi in quanto c’è una maggiore alternanza tra parti dure (siano esse per sonorità, per growl e blast beat lanciati, distorsioni annerite, groove roboante e via dicendo) e spunti di natura melodica, finendo per essere l’essenza di “Sexforce”. Mentre le melodie si guadagnano tutta la stima del sottoscritto (però qualche canzone memorabile mi sembra di non averla udita), le fasi estreme non mi hanno impressionato più del dovuto, pur non essendo brutte, ma il loro inserimento e lo svolgersi nell’economia del songwriting  è comunque perfetto. Le chitarre sono di Marius S. Pedersen, la batteria di B. Tore Erlandsen (due ex Aspherium), il basso di Martin Berger. Hanno presenziato in “The King of Life” e “Educated for Enslavement” Athera dei Susperia e in “The Greatest Offender” Vintersorg. L’album è dunque una buona esposizioni di intenti compositivi e di spunti tecnici, pur non sacrificando niente all’altare della tecnica fine a se stessa. I testi sono una diretta critica alle conseguenze dell’odierna società occidentale. “Sexforce” è un death metal solido nei suoni (la produzione è ottima) e consistente nello sviluppare le tredici canzoni, ma nonostante i suoi spunti melodici ben diffusi credo soffra comunque del fatto che non abbia canzoni da presa immediata, ma è sicuramente un genere di lavoro che ascoltandolo si fa seguire con attenzione per la sua vivacità.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10