(Rafchild Records) Se amate la musica di bands quali Hour of 13, Lord Vicar, Witchfinder General o Pentagram, è inutile girarci attorno… gli Olórin sono quel che serve in questi tempi, in questa epoca… oggi… ora. Con un moniker ispirato al ‘Signore degli Anelli’ (un antico nome di Gandalf), questi americani non fanno assolutamente nulla per uscire dai canoni ristretti del doom più puro, quello cadenzato, quello decadente, pregno di malinconia disperata, fedele alle origini, vero, sincero. Puro. La band esiste da oltre un decennio ed è composta da membri ex Smoulder: ha all’attivo solo demo, EP e live, ma questo atteso arrivo nel mondo reale, nell’ambito degli album veri, regala un sound irresistibilmente tradizionale, ricco di melodia, con due chitarre che si fanno sentire, un drumming pesante ed un vocalist che suona semplicemente perfetto per questo genere tutt’altro che obsoleto, per questo doom inevitabilmente inossidabile, mai stanco, mai vecchio, sempre pungente, sempre dannatamente maledetto. Funerea e pesante “Black Chasm”, il brano di apertura che rivela da subito la favolosa voce del vocalist Clay Sibley. Graffiante, sporca e penetrante “Descension”, imprevedibile ed inquietante l’ossessiva “Ringwe”, oscura e drammatica “The Endless Stair”. Melodica e suggestiva “Durin’s Tower”, con la conclusiva “The White Rider” (anticipata dalla teatrale introduzione a base di synth, “Mornië”), un brano lungo, pesante, ricco di chitarra, di tastiere in stille film horror di matrice italiana, di un attraente invito verso quei sensuali inferi. Un doom puro, illimitatamente old school, con una registrazione molto sincera, molto carnale, molto diretta, deliziosamente reale e coinvolgente. Se il doom di questo tipo pareva appartenere al passato, ecco che arrivano questi giovani disperati, capaci di pompare con rinnovata grinta quel freddo sangue attraverso quelle vene morenti!

(Luca Zakk) Voto: 8/10