4pDigipak_shortrun(SPV/Audioglobe) Sono un po’ stanco del… mio stesso imbarazzo quando devo recensire un disco di symphonic power metal, cioè del mio genere preferito. La campagna (giustamente) lanciata anni fa contro le uscite di questo settore, fatta nel momento in cui dischi simil-Rhapsody di nessun valore invadevano il mercato, ha fatto il suo tempo. Ora il power tastierato è tornato ad essere un genere di nicchia, con (al massimo) quattro-cinque uscite al mese, e possiamo quindi godercelo di nuovo per quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti; e i colleghi che bocciano questi dischi a prescindere sono per metà incompetenti e per metà imbecilli. Ora che il mercato è ultrapieno, dovrebbero infatti fare lo stesso con ogni album che giunge da recensire! Lasciamo stare questi ridicoli pregiudizi e concentriamoci sul debut dei francesi Operadyse, che pubblicano nientemeno che per la SPV un onesto e arrembante disco dai toni fantasy e celtici. “Celestial Sword” è meravigliosamente sinfonica, sullo stile pomposo dei Fairyland o dei Serenity piuttosto che su quello solenne dei Rhapsody, e il timbro angelico di Frank Garcia ricorda molto quello di Elisa C. Martin, in modo da fare felici anche i fan dei vecchi Dark Moor. “Keeper of the Flame” è una fuga in doppia cassa con break cinematografico, mentre “The Path” ha diversi accenni celtici, in qualche passaggio quasi come se ascoltassimo una Enya ‘metallizzata’. “Fairies Secret Garden” ci mette la giusta teatralità alla Danny Elfman (forse addirittura un po’ troppa), mentre la lunga titletrack è il brano più Fairyland del lotto, con orchestrazioni e un appeal generale veramente simile a quello della band francese. La chiusa è affidata alla dolce “Frozen”, che ci culla con le sue note ammalianti. Non c’è potenza devastante in questo “Pandemonium”, ma una classe operistica che certamente piace e convince.

(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10