GZ Jacket Template(Broken Limbs) A sei anni di distanza dal precedente lavoro arriva il terzo full della one man band americana Palace Of Worms. Un black metal con molto death ma anche tantissima atmosfera, tanto che a volte il sound si allontana dalle regole classiche per dare vita a qualcosa di emozionale e molto personale. L’assurdo inizio della opener “In The Twilight Divide” già fa capire che siamo in un territorio deliziosamente imprevedibile; infatti dopo l’introduzione si passa ad un sound molto death metal, forse “deathned black metal”, tanto per rendere l’idea del feeling percepito. Il pezzo offre cambi, sezioni atmosferiche corali, blast beat furiosi e spietati, vaghe idee di assolo per un risultato finale molto coinvolgente ma ben poco classificabile. La seguente “From The Ash” è più furiosa, ma sfocia in un mid tempo esaltante, con linee di basso calde ed un ottimo assolo del guest Ephemeral Domignostika (Mastery, Pale Chalice). “Nightworld” raggiunge i confini tra l’atmosferico dark, il funeral doom ed il death metal più nebbioso e pesante… per poi sorprendere con una parentesi melodica dominata da clean vocals. “Strange Constellations” è lunga -oltre i dodici minuti- ma è capace di tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore con le parentesi lente e armoniose, gli assoli avvincenti, le parti tirate, i mid tempo, le sezioni teatrali molto inquietanti, praticamente aprendo una visione su tutte le varianti che il mastermind Balan riesce a concepire nelle sue notti più insonni. Inconsueta “Wreathe”: clean vocals, soluzioni melodiche che ricordano i Satyricon ma anche il black francese, il quale si percepisce pure sulla conclusiva e travolgente “Ephemeral Blues”. Senza confini, con pochissime regole ed un livello compositivo e musicale elevato; Palace of Worms offre un’altra prova di forza, di ricerca musicale, di libertà mentale e profondo senso melodico, stilistico e ambientale. Non è un album per tutti, non è il disco “d’accompagnamento”. “The Ladder” è complesso, intenso, strano; va ascoltato, va percepito, un po’ va vissuto. Fino alla fine.

(Luca Zakk) Voto: 8/10