copPanopticon(Nordvis) Complessità assoluta. Pura deviazione mentale. Voglio essere chiaro: se non avete tempo o voglia, lasciate perdere queste (volutamente) poche righe ed ignorate questa release. Se per caso amate la musica perché vi da vita, vi da la carica, l’energia, vi gasa… allora… ”lasciate perdere queste (volutamente) poche righe e ignorate questa release”. Se appartenete a quella ristretta cerchia di cultori musicali al limite della pazzia, capaci di scavare nel profondo dei meandri della psiche umana, dentro i labirinti della storia umana, attraverso le foreste delle tradizioni umane… allora prendete questa strada per il nord: percorrerla sarà un’esperienza mostruosamente assurda, fuori da ogni regola, schema, dettame, legge. Panopticon è una one man band: credo fortemente che le one man bands abbiano qualcosa di particolare per il semplice fatto che non soffrono il filtro “sensato” di più menti in collaborazione; le one man band sono la pura malattia mentale dell’artista tradotta in musica, in note, in effetti, in atmosfere. Panopticon, però, alle sue spalle non ha un musicista mediocre recluso in una stanza buia che riversa le sue paure su suoni tetri, su riff black metal infernali. Panopticon è la creatura di Lunn, un poli strumentista e compositore assurdo, pazzesco, capace di riscrivere regole, di imporre nuove regole: le sue. Oltre settanta minuti di musica per questo capolavoro di difficile comprensione: i primi quattro ascolti mi stavano deviando, respingendo… è assolutamente necessario dedicare molto tempo a “Roads To The North” con impegno, costanza, completa concentrazione. In cambio? L’inferno totale. Il mix di strumenti è pazzesco: non solo per la scelta degli stessi, ad esempio flauto, banjo e mandolino, la vera innovazione è il come vengono usati, dove vengono usati, con quali intenzioni vengono usati. Poi c’è il black, il death, la tecnica, la progressione, l’evoluzione di ogni singola canzone. Personalmente mi sconvolgo con l’assurdità geniale di “One Last Fire (The Long Road Pt 1)”, dove il black è black, ma è lontanissimo da quello che conosciamo. Non posso resistere a “The Sigh Of Summer (The Long Road Pt 3)”, che poi mi porta a perdermi con “Norwegian Nights”, urlare con “In Silence” e morire con “Chase The Grain”. Mi fermo qui. Non vi posso spiegare altro. Riconoscetevi nelle tre categorie di cui sopra e, nel caso, iniziate il lungo viaggio.

(Luca Zakk) Voto: 9/10