(Inside Out Music) Non accenna a fermarsi la travolgente crescita di questa band nata quasi per gioco grazie ad una eccesso di materiale pronto scritto dal tastierista John Boegehold, il co-autore della prog band Spock’s Beard, ovvero il gruppo fondato dai fratelli Neal ed Alan Morse e Nick D’Virgilio (Alan e Nick sono tuttora negli Spock’s Beard, ma stiamo parlando di artisti ricchi di collaborazioni trasversali, e qui trovi un esempio recente); una crescita sicuramente spinta avanti dalla creatività di Boegehold, ma non dobbiamo dimenticare il livello tecnico dell’intero quartetto, formato dal batterista Jimmy Keegan (ex Spock’s Beard), Ted Leonard (chitarra) e Dave Meros (basso)… questi ultimi tutt’ora membri degli Spock’s Beard. Un livello tecnico eccelso che anche questa volta si mette al servizio di brani intensi, come evidenzia l’incantevole e magnetica “I Can’t Stay Here Anymore”, pezzo ricco di pulsazioni, iniezioni sinfoniche, suggestione degli organi… e con crescendo incalzante assurdamente groovy, assolutamente esplosivo. Linee vocali sexy ed un sottile richiamo etnico per la opener “Everdark Mountain”, mentre la grandezza della band diventa indiscutibile con la maestosa ed imponente “Time Has A Way”, traccia che dentro quei quei tredici minuti abbondanti riesce a far letteralmente succedere di tutto. Nonostante l’album sia sostanzialmente stato scritto nel tardo 2020, il testo di ”Rock Paper Scissors” si rivela inquietantemente attuale,snodandosi poi attraverso ritmiche seducenti, archi ipnotici ed un ritornello tanto sognante quanto incisivo. E quella chitarra ‘spagnola’ che salta fuori dal prog hard rock di ”Much Ado”? O la magia ricca di sentore classico della title track? Immensa la teatralità di ”Said the Stranger”, traccia con una influenza elettronica, remotamente dark wave, quasi in favoloso contrato con la generale tendenza più classica della band, mentre è quasi una narrazione ‘in parole e note’ ”Here with You with Me”. Interessanti anche le due bonus tracks: l’oscura, malinconica ma decisamente grintosa “I’m Not Alright” e l’allegra “Just Another Day at the Beach”.. una non inedita -per la band californiana- strizzata d’occhio nella direzione dei Jellyfish. “Only Passing Through” continua il percorso di “Prehensile Tales” (recensione qui) diventando tuttavia più ricercato ed in qualche modo meno pop, puntando a brani molto più complessi nella loro comunque chiarissima immediata fruibilità. Dietro una copertina senza l’impatto della precedente, tuttavia pericolosamente ipnotica, in questo terzo lavoro troviamo strumenti di ogni sorta (dai più prevedibili violini, fiati e violoncello ai meno ovvi charango, ronrocco, ukulele e vihuela). E poi emozioni di ogni tipo, culture etniche di ogni provenienza, libertà sonora, disinibizione melodica, divertimento senza confini… il tutto con arrangiamenti e performance tecniche individuali e d’insieme sbalorditive. Per fortuna si tratta di una band nata quasi per gioco…

(Luca Zakk) Voto: 10/10