(Les Acteurs de L’Ombre Productions) “Il moderno è ciò che deve essere sofferto comunque, senza la possibilità di criticare e ancor meno di combatterlo” (Philippe Muray). Attendevo con ansia questo secondo lavoro dei post blacksters francesi, i quali mi sorprendettero ormai tre anni fa con il poderoso “V.I.T.R.I.O.L.” (recensione qui). Una lunga attesa… tanto tempo che ha portato tanti cambiamenti! Prima di tutto la band non è più un duo ma bensì un sestetto, con ben tre chitarre (lead, ritmica ed ambientale); poi la durata dei brani si assesta ora sui sei o sette minuti, tranne una traccia da nove, comunque durate molto molto meno impegnative di quelle del precedente album il quale apriva con un monolito da oltre diciassette minuti! Ma tutte queste novità non remano assolutamente contro quel sound personale ed impattante, estremamente crudele come quello di origine nordica, ma anche carnale e viscerale, come sempre più spesso emerge dalle sonorità del black di origine francese. Se “V.I.T.R.I.O.L.” parlava dell’essenza della morte, “Vestige” affronta la memoria, le radici e i valori, distorcendo una visione del personale progresso e sondando il ricordo di ciò che tende a scomparire, ad essere poi dimenticato per finire nell’oblio. Un progresso che i Pénitence Onirique osservano da un punto di vista tradizionale e spirituale, con delle chiavi di lettura probabilmente sia ambientali che sociali (un verso recita più o meno ‘Ciechi, in trappole piazzate dai loro padroni che li disprezzano e li seducono’), portando la band lontana dalle solite tematiche del black, le quali vengono evolute in maniera più ricercata, metodica ed intelligente, per offrire una concezione apocalittica di tutto quello che quotidianamente ci passa davanti agli occhi, senza purtroppo attirare la nostra attenzione… fino ad quando il disastro non inizia a rivelarsi in tutta la sua tragica irreversibilità. Aspra e furiosa, ma tecnica ed in qualche modo progressiva la opener “Le Corps Gelé De Lyse”, un brano complesso, travolgente, un brano che apre ad occasionali voci corali oltre al furioso growl del singer… in quale comunque spazia da uno scream selvaggio, al grido disperato fino ad un timbro cavernoso, tutto sempre in linea con la trama dell’intero brano… anticipando un dettaglio poi presente nel resto del disco. “La Cité Des Larmes” contiene ritmiche e mid tempo con una visione catastrofica ed inquietante, melodie disperatamente malinconiche che accompagnano ritmiche senza lo spazio per un respiro. Intrigante la lunga “Les Sirènes Misérables”, mai estremamente veloce, sempre cathcy, sempre pulsante, sempre ricca di dettagli e melodie maliose le quali conducono verso un epilogo sensazionale ed assurdamente ricco di luminosa speranza. Favolosa “Extase Exquise”: melodia attraente, con un equilibrio stupendo tra angoscia avvincente e tormento lacerante, poderose ricercatezze negli arrangiamenti, nei dettagli, comprese le linee di basso e le varianti vocali. Rocambolesca “Souveraineté Suprême”, prima della conclusiva e solenne title track, un riassunto tematico e stilistico dell’album, meravigliosamente impetuoso, vorticoso ed infinitamente appassionante. “Vestige” è più complesso e meno immediato del precedente, estremamente diverso ma connesso da un legame indissolubile, confermando la continuità e l’identità stilistica di questa misteriosa band. In un brano, la disperazione del vocalist rivela: “Le poids du progrès et d’un monde à l’âme périmée”. Ecco, è questa contrapposizione, questo metaforico ossimoro che sta alla base dell’inquietudine nervosa trasmessa dai Pénitence Onirique: sia il peso del progresso che quello di un mondo con un’anima oramai obsoleta sono il tutto… sono l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine, l’epilogo tragico di tutti i mali ed un inevitabile ed inattaccabile oblio eterno.

(Luca Zakk) Voto: 9/10