(Seance Records) Formatisi nel 2003, dopo un periodo produttivo che ha visto la pubblicazione di cinque dischi in meno di dieci anni, l’ultimo dei quali “Ephemeral” (recensione qui) uscito nel 2015, gli australiani Pestilential Shadows sembravano scomparsi, relegati in un oblio di silenzio, ma ora eccoli riemergere, dopo ben sette anni, fieri e letali, con questo nuovo imponente lavoro. Sempre estremi musicalmente ma non nella scelta della direzione: non abbracciano teorie troppo caotiche e nemmeno tendenze moderne e pulite, puntano piuttosto ad un black radicale, carnale, drammatico, infinitamente oscuro ma pulsante, un fiume di lava che respira, che pulsa, che vive, che trascina ogni anima verso l’estinzione con prepotente decisione ed indomabile furia. C’è molto stile classico in questo “Revenant“, anche se nulla è lasciato al caso: ogni progressione -spesso ricercata-, ogni passaggio, ogni sfuriata, ogni dettaglio è curato maniacalmente per offrire sensazioni inquietanti, un assalto frontale tanto gelido quando caldo ed avvolgente, una impostazione cinica che regala emozioni tetre estremamente taglienti. La opener “Procession of Souls” appare apocalittica, ma anche arricchita da un incedere dal sapore black & roll, mentre “Hunter and Reaper” trasporta verso inferi ignoti, mescolando un senso epico ad un sentore di disperazione, sferzato da una impostazione marziale scandita da mid tempo distruttivi ed un groove di basso semplicemente micidiale. Brutalità cieca, melodie pungenti e divagazioni atmosferiche annichilenti sulla contorta “Twilight Congregation”, più legata ad un old school primordiale “The Sword of Damocles“, brano che verso il finale cresce e diventa diabolicamente trionfale. Violenta, drammatica ma anche molto imprevedibile la title track, subdola e perversa la conclusiva “Beneath the Dying Stars” con le sue parentesi spaventose e la sua furia assetata di sangue. Dietro una inquietante copertina firmata da Greallach, la quale esalta il concetto di punto di arrivo e di fine della carne mortale espresso dai brani, in un costante incedere di espressioni decadenti, pestilenziali, dentro uno scenario crudele ed in inesorabile decomposizione, la potenza di “Revenant” racchiude anche molta spiritualità, in una costante riflessione filosofica sul concetto di morte, non vista come fase terminale ma come entità a sé stante.

(Luca Zakk) Voto: 8/10