copPETTHEPREACHER(Napalm Records) Un sound estremamente personale da parte di questi danesi. Le fondamenta sono marcatamente stoner, heavy stoner, ma ciò che riescono a produrre merita -a pieni voti- la definizione di “alternative”; c’è molto feeling blues e questo dettaglio completa il cerchio, dando al sound dei Pet The Preacher una ampiezza vasta, capace di attrarre gli amanti dello stoner ma anche chiunque sappia apprezzare un rock pesante, tagliente, adulto, profondo e con una innegabile componente oscura. Si arriva quindi al secondo album (in carriera vantano anche due EP), che è rappresentato da oltre cinquanta minuti di rock monumentale, con melodia intensa, deviazioni verso il concetto di inno e con la stupenda voce di Christian Hede Madsen, la quale è pulita, rockeggiante, possente, e piena di emozione (e con una pronuncia molto buona). Coinvolgente, passionale, pieno di decadente carica esplosiva, il disco si sviluppa lineare, avvolgendo l’ascoltatore dalla prima all’ultima traccia. “The Cave”, la opener, è introdotta da un riff triste e luminosamente funereo e fin dal principio si nota l’ottima registrazione e la totale presenza di tutti gli strumenti, nonché un efficace timbro vocale del cantante. Stupenda “Let Your Dragon Fly”: cattiva, dannatamente heavy, si sviluppa su un piano livellato, anticipando eccessi, suggerendo sfoghi. Ottimo il lavoro della chitarra -semplice ma efficace- su “Kamikaze Night”. L’oscurità ed il blues convergono su “Remains”, un pezzo monumentale, simbolico, maledettamente sentimentale. “Fire Baby” è pesantissima e catchy, mentre ottimo il lavoro su “Marching Earth Part 1” e la successiva “Part 2”: la prima è uno strumentale in bilico tra classic rock ed opprimente ansia, mentre la seconda -cantata- ha un feeling quasi southern, così sporco, così pesante. C’è molto più doom su “What Now”, con quei pezzi di basso-batteria così intriganti, così opprimenti, mentre sulla conclusiva “The Web” quel doom si integra di nuovo su orientazioni alternative, blues e southern. Un disco godibilissimo, con più di un pezzo che rappresenta un potenziale singolo anche per un mercato non strettamente metal. Il genere, nonostante la fantasia della band, non offre molto spazio di manovra, quindi -forse- l’intero ascolto potrebbe risultare leggermente monotono, anche se prestando attenzione ci si perde nei dettagli e si può ammirare l’altissima qualità dei musicisti.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10