
(Massacre Records) Sorridendo, Smith, il vocalist dallo stile eclettico della band di Dortmund afferma: ‘Alcune band inseguono la luce del giorno. Noi abbiamo sempre preferito l’ora in cui tutto risplende. È lì che vivono queste canzoni. Ed è lì che viviamo noi”… ovvero dentro queste ombre che rendono più nitidi i contorni, più emozionanti le sensazioni, una forma di accecante chiarezza delle tenebre più impenetrabili. I Phantoms of Future erano scomparsi, tanto che io stesso mi chiedevo dove fosse finita questa iconica band ormai silenziosa da oltre vent’anni. Ma eccoli di nuovo: la loro aura tenebrosa è tornata, anzi sembra rinata. Non sono qui a pretendere di essere una band in voga nel passato che improvvisamente torna sulla scena, piuttosto si sentono freschi, rinnovati, con una creatività che vuole portare avanti la loro storia, la loro leggenda, il loro mito. Dark wave, goth rock, heavy dark rock, con un tocco irresistibile di elettronica, danno vita a una musica che sembra tesa, spesso malinconica ma comunque incalzante e coronata da ritornelli assolutamente incisivi. “Werewolf” invita l’ascoltatore in questo mondo fatto di ombre ricche di sensualità, ricche di erotismo. Amore rischioso e pulsazioni vibranti con “Spirit Of Love”, mentre “Phantom Rider” porta sensazioni notturne nel romanticismo di una città piena di rumori. Tetra e pesante è “Think About”, perversa la favolosa “Devil Inside”. La title track esce dagli schemi con una melodia che sembra voler prenderti in giro, mentre il goth rock di ”Forbidden Fruits” ti prende per mano per andare molto lontano. Viziosa e un po’ immorale è l’energica “Stocking Girl”, assurda in tutti i sensi è “Prisoner”, un brano che va dal punk al folk con una disinibizione destabilizzante. Seducente “I Don’t Believe You”, depravazione rock con “Underground Surfer”, la quale conduce verso l’epilogo rappresentato dal Neue Deutsche Härte di “Bloody Tears” e dal dark pop romantico di “Feel The Rain”. Nella loro epoca d’oro, gli anni ’90, si costruirono una reputazione grazie a innumerevoli concerti coinvolgenti, condividendo il palcoscenico con nomi di spicco quali Iggy Pop, The Stranglers, Sisters of Mercy, Sex Pistols, Cypress Hill e The Prodigy, e riuscendo anche a portare singoli a livelli di visibilità vicini a Metallica e Nirvana, o pubblicare brani quali “Sea Warrior”, un tributo all’attivista ambientalista e co-fondatore di Greenpeace Paul Watson. Musicalmente vasti, illimitati seppur orientati in una direzione ben chiara, una direzione che li potrebbe accomunare sia ai The Mission che ai connazionali Rammstein, passando pure per i compianti Depressive Age, allietano con ritmiche incalzanti che spingono forte, sfumature del genere che emergono inaspettatamente sorprendendo, ritornelli incredibili, hook melodici micidiali e linee vocali così variegate che sembra incredibile pensare a una sola voce, sempre impegnata in testi provocatori, un po’ dissacranti, profondi ma al limite di qualsivoglia confine. Davvero, questa non è una band che torna dal passato, è una band rinata, che ha appena iniziato a vivere una nuova vita, dentro l’incandescenza che si crea proprio ai confini tra la luce e le tenebre, tra il giorno e la notte, tra la redenzione e il peccato.
(Luca Zakk) Voto: 9/10




