(autoprodotto) Se la sono presa comoda i Red Masquerade. Ma il risultato ne vale la pena! Si tratta di una band italiana che giunge ora al debutto, nonostante sia in circolazione da sette anni. All’attivo solo un demo nel 2013, una buona attività live poi la fine. O un nuovo inizio… visto che la line up venne sconvolta, trovando una nuova direzione stilistica, tanto che la band riparte da zero, iniziando dal punto di partenza: la scrittura di nuovo materiale. La stesura del lavoro è stata lunga, contorta e molto impegnativa, ma “The Seventh Room” -il risultato di questo processo creativo- non delude! Moniker della band e titolo dell’album sono ispirati al racconto “La Maschera della Morte Rossa” di Edgar Allan Poe, racchiuso nella raccolta “I Racconti del Mistero”, e questo eleva allo status di concept non solo il disco, ma l’intero progetto, la band stessa, la totale proposta musicale è, in un certo senso, teatrale considerato che il quartetto si presenta con un look spesso caratterizzato da maschere enigmatiche e piene di romantica decadenza. Decadenza epica con “The Portrait”, brano di apertura che mette subito in evidenza una chitarra crudele dominata da una voce sublime, capace di suonare celestiale tanto quando dannatamente rock. Tuonante, inquietante ma anche romantica e provocante “Casanova”. Ipnotica “Lord of Nothingness”, brano estremamente progressivo, con la vocalist che si abbandona in un labirinto stilistico stupefacente. Vocalist che diventa rabbiosa con eccessi angelici su “La Masque”, offrendo un caleidoscopio che riporta a carnevali psichedelici su “Da Vinci”. Riffing che prendono ispirazione dai brani più grintosi di Dream Theater e Symphony X con “Lost Days”, altra traccia che regala una performance vocale strabiliante. Trionfale “My Prisons”, brutale la conclusiva “Edgar’s Madness”. I sette brani sono dedicati alle sette stanze del racconto, un brano alla maschera stessa ed uno all’autore del racconto. Sono tutti caratterizzati da un metal graffiante e sinfonico: tuttavia la componente sinfonica è di contorno, anche se molto presente, e il soundscape vira con decisione verso ambientazioni oscure, molto gothic, supportate da un metallo sferzante più vicino ad una versione rabbiosa dei Symphony X, più in linea con realtà come gli Eldritch. La voce di Marika è sempre potentissima: riesce con scioltezza a spaziare da un rock graffiante, pregno di perversione, fino a quei meravigliosi eccessi raggiungibili dalle sue qualità di mezzo soprano, passando per altre varianti molto accattivanti, blues compreso. Le composizioni vengono suonate dalla band con intensità travolgente, con una costante e sublime impostazione progressiva, mai scontata e mai prevedibile, tanto che il dinamismo globale dei brani è sempre estremamente… teatrale. Un debutto sudato ma che sa ripagare in modo intenso, offrendo standard molto elevati. Un unico dubbio: il moniker nasce dal racconto, il look della band pure ed il concept è basato sulla medesima trama, quasi ci fosse un inquietante legame bidirezionale ed indissolubile con l’opera ed il suo autore. Quale potrà mai, dunque, essere il prossimo passo di questa band? Certo, Edgar Allan Poe ha un vasto ventaglio di offerte letterarie dalle quali trarre ispirazione, ma questo legame così solido alimenta la mia curiosità sul ‘poi’, su quello che verrà. Staremo a vedere, le basi musicali, sia tecniche che creative sono molto solide, di gran lunga più avanzate di un normale debutto; quel che verrà sarà certamente un’ottima sorpresa!

(Luca Zakk) Voto: 8/10