(Apollon Records Prog) Con “Firebrand” il trio norvegese si lascia andare ad un prog più classico, più fine a se stesso, senza troppe divagazioni space o jazz. Però sembrava si fossero sciolti, sembrava avessero concluso il loro percorso… solo che, apparentemente, c’era un altro disco pronto, cosa prevedibile per una band il cui precedente lavoro è l’evoluzione di un demo. Tre brani, tre perle: la title track (il brano più breve, ben oltre i nove minuti) si lascia andare dentro un’immensa jam session con un predominio di favolosi organi; “The Fever” aggiunge accenti, evoluzioni, un cantato più scatenato, mentre la conclusiva “False Dawn” è un’immensa suite (venticinque minuti!), che passa dal prog più tradizionale alle parentesi teatrali, toccando punte di rock duro, abbandonandosi ad un pianoforte solista e finendo su territori sperimentali e avant-garde. Prog senza confini, senza nemmeno regole… praticamente arte allo stato brado! È la loro ultima opera. Sarà vero? Nel frattempo, loro ci regalano tre brani pazzeschi affermando: ‘Un finale straordinario, direttamente dallo studio analogico Spectral Tape Studio’.

(Luca Zakk) Voto: 9/10