(AFM Records) Ero rimasto estasiato, due anni fa, da “By Blood sworn”, ma di fronte a “Born of Fire” ho qualche riserva: non che il vulcanico e intoccabile Ross the Boss abbia fatto un passo falso, questo non sia mai detto, ma il suo ultimo nato mi sembra nell’insieme meno coeso, certamente meno manowariano (questo stabilirete voi se è un bene o no), ma anche a tratti un po’ incerto sulla direzione da prendere. Un esame della scaletta spero potrà dimostrarlo… Scatenata, veloce, arrabbiata, ma con un taglio praticamente hard rock “Glory to the Slain”; forse ancora più veloce “I am the Sword”, ma l’impressione è quella di una nettissima ‘modernizzazione’ del sound, come appare chiaro dall’arcigna “Shotgun Evolution”. Il fatto è che l’album cambia nettamente in corso d’opera, e i primi quattro brani sembrano essere abbastanza slegati dal resto… Gli strilli del sempre eccellente Marc Lopes fanno quasi paura in “Denied by the Cross”, poi abbiamo scampoli dell’antica epica nella solenne e magnifica “Maiden of Shadows”, con il suo refrain stentoreo e trionfale. Vagamente thrasheggiata la titletrack, e anche “Godkiller” è potente, attestandosi su una sorta di power ‘pompato’ e roboante, come quello dei (pen)ultimi Manowar. Ross si sbizzarrisce con le sue chitarre in “Waking the Moon”, forse l’unico brano con una struttura più ‘morbida’ e aperta alla sperimentazione; la conclusione è lasciata all’atipica, doomish e un po’ malsana “The Bleackest Heart”. In “Born of Fire” l’impressione è che il signor Friedman abbia voluto lasciare libero sfogo alle pulsioni del momento: bene così, ma meglio altre cose.

(René Urkus) Voto: 7,5/10