(Heavy Psych Sounds) Nascono a Vienna nel 2016 da un’idea, da un desiderio di suonare, di fare jam session, a ruota libera, senza confini stilistici che non siano riconducibili al mondo psichedelico, a quello doom, a quello prog e perfino a quello jazz. Questo loro debutto, seppur curato e prodotto di una lunga ed accurata fase compositiva e di registrazione, è uno sfogo di improvvisazione di alto livello, con due chitarre che si inseguono tra riff pesanti ed assoli appartenenti ad altre dimensioni cosmiche, mentre batteria e basso giocano, creano, distruggono e creano di nuovo, dando vita a quattro lunghi brani intensi, dall’alto livello tecnico, capaci di un coinvolgimento intenso, portando alla mente una versione più acida gli italiani L’Ira del Baccano. Il progetto è stato concepito per essere solamente strumentale, ma alcune linee vocali emergono (a cura di un chitarrista e del bassista), per enfatizzare questo loro viaggio cosmico, farcito di idee sci-fi sballate e lontane da ogni regola fisica dominante l’universo. “Raging Mammoth” ha un incalzare epico e ricco di atmosfera e si inoltra su percorsi deliziosamente contorti, ricchi di chitarre che sfociano in scenari Hawkwindiani. Stupenda “Shaking Pyramid”, una ritmica travolgente, forse il brano più rock, più pulsante dell’album, anche se nemmeno qui mancano distorsioni mentali affascinanti. C’è una battaglia che incalza su “Invaders”, con progressioni e cambi tematici sensuali, sferzati da linee vocali capaci di schernire ed inquietare. Riff canzonatori e drumming superbo sulla conclusiva “Monolith”, un brano che riesce ad emettere fulmini di autentica passione per la musica. Progressivi e ricchi di tecnica, ma spontanei e a tratti piacevolmente grezzi. Un sound radicato in vibrazioni doom molto terrestri che ama divagare attraverso le galassie lontane, senza una vera meta, senza un piano di volo, senza nemmeno immaginare un ritorno al nostro sistema solare. I Ryte vivono in un’altra dimensione, in uno spazio/tempo alternativo e giocosamente parallelo al nostro, un parallelismo a tratti subdolamente distorto, capace di intrecciarsi, congiungersi per poi divergere ancora una volta, veloce, incisivo, irrefrenabile e diretto verso qualche remoto meandro dell’infinità cosmica.

(Luca Zakk) Voto: 8/10