(Karma Conspiracy Records) Follia. Follia accentuata da altra pazzia psichedelica. Giunti al secondo album, gli italiani Salmagündi (moniker derivante da una ricetta indiana che è praticamente un miscuglio di tutto… con l’aggiunta dell’umlaut!) continuano la storia di questo uomo medio e noioso chiamato Braen, il quale fa di tutto per non fare nulla, vivendo una vita senza impegno, senza intraprendenza… quasi un Emmet della prima parte di Lego Movie, specialmente per l’aspetto secondo il quale la sua esistenza sembra totalmente priva di senso. Musicalmente i Salmagündi sono quel che vogliono, quel che volete. Forse sono quel che pagate per avere. E pure il contrario. Ed anche la negazione di questo. E pure di altro. Sono un casino infinito, un superlativo e delizioso casino progressivo, psichedelico, rock, punk, metal, stoner, con deviazioni e derivazioni che spaziano in un universo infinito di generi musicali. “Cheese Fake” è provocante, oscura, dannata, suggestiva, introspettiva. “Cockayne” nasconde un funky… lo nasconde qui e li, lo cela, lo svela, lo ricopre, lo esalta e poi lo uccide. Il tutto con linee vocali che potrebbero essere un incrocio tra il reggae e la polka, praticamente una versione psichedelica e strafatta dei Russkaja. Ma “Cockayne” ha due facce… e la seconda è digitale, spaziale, post qualcosa, hawkwindiana… con -ovviamente- pesanti influenze blues! “I Ate You”, che il vocalist fa suonare come una “I HATE You” è potente, ricca di groove, è stoner, è punk, è teatro, è inquietudine, quell’inquietudine da cinematografia Italiana. Assurda “Mrs Braen aka TantaVogliaDelay”, nella quale ovviamente quel “…TantaVogliaDelay” è un italianissimo “Tanta Voglia DI LEI”: pulsazioni, ansia, blues, sorpresa, deviazione, sfociando nel digitale tipico delle band elettroniche dell’underground finlandese. Irrequieta ma ricca di tecnica “Mumbo-Jumbo”, con parentesi ancora stoner, evoluzioni digitali 8-bit e espressività disagiata. Tetra come la notte “ROSE merries B (W-OMEN)”, mentre la conclusiva e lunga “The Big Brother” riesce a dimostrare l’immensa tecnica dei musicisti, i quali proseguono con quel percorso privo di senno, ma qui confermano e confessano al mondo di che pasta sono fatti. Qualcuno casualmente seduto al mio fianco durante l’ascolto mi suggerisce, a ragione: sono pazzi. Completamente pazzi. E questo basta per riassumere tutto senza la necessità di ulteriori descrizioni!

(Luca Zakk) Voto: 8/10