(I, Voidhanger Records) Gli inglesi Sea Mosquito dal 2018 hanno fatto un po’ gavetta: EP, split, cose minori… fino a giungere al debutto “Igitur” uscito in forma indipendente due anni fa. Nonostante la breve storia, quest’anno hanno pubblicato pure una compilation, fino ad arrivare a questo primo lavoro accompagnati da un’etichetta come la I, Voidhanger Records, decisamente una delle più adatte per promuovere queste sonorità sperimentali, capaci di portare il black metal in ambiti noise, psichedelici e pure industriali. Suoni volutamente confusi, sulfurei, annegati in echi provocanti, melodie sublimi annientate da riff violenti, quasi come un black metal tradizionale distorto da una visione cosmica, ultraterrena, ancor più gelida, ancor più disumana, pur mantenendo tematiche che hanno a che fare con la vita religiosa dell’uomo, esperienze spirituali intense e incisive provenienti da ogni culture e tradizione del pianeta, passando vari culti, come lo Sokushinbutsu (il processo automummificazione religioso buddista, praticato a partire dall’XI secolo da svariati monaci giapponesi), il peso della responsabilità sul mistico, l’esperienza straziante dell’uomo che affronta la propria mortalità e il culto della tribolazione attraverso una spirituale autodisciplina. Contorta e destabilizzante “Organs Dissolved in Lacquer”, brano nel quale il noise e il prog si fondono in una nuova dimensione. Marziale “Dead to the World”, “Ascension” passa da cinica brutalità a teatrale ambito ritualistico. È un capolavoro “In Reverence of Pain”: misteriosa, dannatamente oscura, incredibilmente melodica, sempre incalzante, musicalmente estremamente perversa. “Ode to Wine” è genialmente assurda anche grazie al suo inconsueto testo in arabo, la conclusiva “To Look Upon Your Own Skeleton” ristabilisce una sublime dimensione del caos, con suoni violenti e intermezzi inaspettati, capaci di navigare tra prog, post, shoe gaze e un invitante magnetismo avant-garde. Con un titolo ispirato a una citazione da “Il sacro e il profano” di Mircea Eliade, siamo davanti ad un album maestoso, violento, gelido… tuttavia eccitante e travolgente, capace di infastidire con le sue sonorità taglienti, tanto quanto provocare e attirare, grazie a complessità sonore rese fruibili da arrangiamenti semplicemente geniali. Una maniacale analisi dell’umano del divino, del divino nell’umano, nell’ambito di quella ricerca senza fine che necessita di innumerevoli risposte sul grande mistero della nostra esistenza.
(Luca Zakk) Voto: 9/10