copseagrave(Art of Propaganda) Austriaci e formati solo l’anno scorso, questi Seagrave non perdono tempo ed arrivano subito al debutto con un ibrido sonoro pazzesco. Anzi, non arrivano… ma arriva, visto e considerato che Seagrave è una one man band… la creatura di Jay Trainwreck, ovvero JJ, il singer degli Harakiri for the Sky, autori l’anno scorso dell’ottimo “Aokigahara”. Mi fa impazzire la definizione data dalle informazioni stampa, ovvero una mescola di shoegazing black metal, melodic post-hardcore e D-beat death metal. Credo che pochi possano veramente capire cosa questa definizione voglia veramente dire, ma è indiscutibile il fatto che “Stabwound” non è facilmente qualificabile. Gli elementi black sono molto presenti, ma non ignorano una divagazione tra il trionfale e l’ambientale con linee vocali possenti ma più adatte a generi normalmente definiti col prefisso “post”. La cosa interessante che che questo progetto evita di riciclare sound noti, quindi rimanendo lontano dall’essere un altro clone di qualcosa: l’impegno -immenso- nel ricercare strade nuove, spesso causa di schifezze immonde, trova in questo caso un risultato ottimamente raggiunto. L’album è godibile, non estremamente eccitante ma nemmeno noioso, e mette sul tavolo una certa complessità che tuttavia non lo rende difficile da assimilare. La grinta e la violenza accentate dalle linee vocali e dai vari tempi sostenuti si fondono perfettamente con riff lenti e molto atmosferici, ma anche carichi di ritmo, pregni di oscurità e decadenza ai confini con il gotico. Stupenda la malinconia creata dalla melodia su “Harvest in June”, pezzo violentato da riffing possente e drumming travolgente. Tetra e introversa “Pillage de Tombe”, una canzone che offre dei sublimi richiami ai territori depressive. Irresistibile “Pistanthrophobia”, con la oscurità materializzata da violenza, depressione e ritmiche lente che offrono un sapore tra death e doom (tra l’altro questo pezzo vede la partecipazione del guest Dominik Erber, vocalist di Withers e Lesslie Act Thriller). Lenta e riflessiva anche la conclusiva “Bonjour Tristesse”, canzone che evidenzia nuovamente la direzione verso tematiche depressive dell’album, ottimamente arricchito con componenti provenienti da un ampio ventaglio di generi il quale conferma l’intelligenza creativa di JJ. Ottima release, ispirata e ben curata. Un promettente debutto!

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10