(Peaceville Records) Mostruosa questa nuova prova in studio dei Sigh. Già l’incipit marziale e il corredo sinistro e sfrenato che segue l’intro “Kuroi Inori”, del brano “Kuroi Kage” lancia un segnale chiaro di quello che i giapponesi sono stati capaci di fare in “Shiki”. Gente coraggiosa i Sigh, dall’iniziale black metal degli anni ’90, hanno poi sviluppato percorsi inattesi e posizionandosi su album con dosi di sperimentazione, dunque avantgarde, psichedelia, ma anche le sfumature più prossime al black metal, come il death e il blackened. L’attualità è però “Shiki”, creatura sonora che si avvale comunque di più generi, idee e trovate di stile. Sono 47′ incalzanti nei quali aleggia un’atmosfera pericolosa. Micidiale il riffing che prevede diversi scatti anche se questi vengono soverchiati da un drumming mirabolante. Le scansioni ritmiche hanno un passo ben più sostenuto rispetto al resto e forse solo il comparto vocale di Dr Mikannibal e Mirai Kawashima accettano questa sfida a chi va oltre. Il pezzo esemplare di quanto sia abile il lavoro batteristico di Mike Heller (di Fear Factory e Raven) e con la voce che va dietro a queste salite di ritmo è la stupenda “Shikabane”, anche per via dei contrappunti ed inserti di elettronica e sperimentazione che esaltano questo pezzo già ricco di suo. Satoshi Fujinami, già nella band in passato, si aggrega con il suo basso, altro strumento che fornisce un supporto e profondità al tutto in più occasioni. Le chitarre sono di Frédéric Leclercq, dei Kreator, e tessono trame che a momenti imperversano e in altri sembrano tappeti alle melodie cucite dagli Hammond e altri strumenti come il glorioso vocoder oppure il flauto. Black metal in primis ma il resto è fatto di psichedelia, di ricerche sonore per melodie esotiche o sinistre e stranianti. “Shiki” ha più significati in giapponese: le quattro stagioni, il tempo di morire, dirigere un’orchestra, vuol anche dire cerimonia, addirittura motivazione e colore. Tuttavia i giapponesi hanno scelto i primi due significati: le quattro stagioni e il tempo di morire come impianto logico e concettuale di questo nuovo album. “Shiki” come opera d’arte che viaggia attraverso il tempo, le stagioni appunto, le quali sorgono e muoiono, appunto il tempo di morire. Questi pezzi sorgono e alcuni di essi vanno mestamente verso una finale. Dopo però continua, si ricomincia. Tranne quando arriva “Touji No Asa” una outro creata con tastiere non di questa era. A quel punto l’ascoltatore può decidere di riaprire il ciclo e ricominciare da capo.

(Alberto Vitale) Voto: 9/10